‘Il triangolo, no
Non l’avevo considerato…‘– Renato Zero a God Valley
Epico, senza dubbio.
Questo frammento dell’Era dei Rocks agisce come prisma deformante; amplifica l’anarchia della ciurma — tradimenti beffardi, ordigni tra presunti alleati, bottini contesi senza pietà — mostrandoci come il mito di Xebec non nasca dalla coesione, bensì dal caos stesso. Potenza centrifuga, carismatica quanto autodistruttiva: magnetismo alla Luffy, alla Roger, ma spinto verso derive estreme. Leadership capace di incendiare il mondo intero, consumando chi le gravita attorno.
Al centro, Harald.
Personaggio che trascende Elbaf per intercettare le geometrie della politica globale — sovrano che strappa civili alle grinfie degli agenti governativi, incrinando così i rapporti con i Draghi Celesti. La pagina più elettrizzante resta il ricatto dei Cinque Astri Anziani:
«Vuoi accedere al nostro sistema? Elimina Rocks».
Condizione che sposta il baricentro del flashback dalla storia meramente ipotizzabile verso una realpolitik spietata; un delitto fondativo, insomma. Harald — il riformista persuaso di conservare identità e margine critico — scopre che l’ingresso in quell’ingranaggio si salda soltanto attraverso sangue e compromessi ineluttabili.
Infine Shakky: il cosiddetto “tesoro”.
Sotto la patina memetica, l’intuizione si rivela affilata. Se Hachinosu rappresenta il crocevia dell’illegalità planetaria, Shakky emerge quale miccia destinata a innescare l’apocalisse di God Valley.
È proprio là, nell’interstizio fra caos e quiete, che il folclore abdica in favore del mito autentico.
C’è materia abbondante per il dibattito, mes amis; iniziamo dunque.
È il momento dell’Elzeviro…
Archeologia del potere
La scena: Yamato che s’inchina di fronte a una tomba solitaria, rendendo omaggio a un “eroe caduto” della guerra contro Kaido. Sequenza che dura pochi istanti, eppure ha innescato un incendio di speculazioni tra i lettori. Tralasciando l’impatto estetico immediato, verrebbe spontaneo pensare che Oda non inserisca mai gesti simili senza uno scopo chirurgico.
Tuttavia, raramente utilizza le mini-avventure come veicolo d’informazione attendibile.
Chi riposa in quella sepoltura? Personalmente, con approccio filologico oscillante tra serietà e gioco, penso scherzosamente a Jigoro — lo zombie spadaccino di Thriller Bark la cui caricatura di Ryuma potrebbe celare un labirinto di specchi: eroe fasullo che rimanda all’autentico. C’è poi chi invoca direttamente Ryuma stesso, il samurai che incarna l’anima di Wano, quasi fosse il genius loci dell’isola. Peccato sia nativo di Ringo.
E ancora: Fujitora, con il suo legame al West Blue e quell’aura di giustizia malinconica — figura che per molti incarnerebbe perfettamente quel titolo di “eroe caduto”. Interpretazione suggestiva, se non fosse che la Tigre Viola respira tuttora.
Ma più che l’identità, mi colpisce la funzione narrativa di questo passaggio. Yamato, personaggio che porta su di sé il peso dell’eredità e del conflitto con il padre, apre la sua mini-avventura con un gesto di memoria: un tributo al sacrificio, un atto di pietà che la colloca in continuità con la tradizione dei samurai di Wano. È un momento che trasuda cultura giapponese, la venerazione dei caduti, la sacralità del luogo di sepoltura, la costruzione della leggenda.
Perfino Kiku e Cho rendono omaggio, e considerando la serenità presente sul viso dei presenti, costui meritava stima e rispetto sinceri.
Dilemma affascinante.
In fondo, ciò che conta non è tanto se sotto quella lapide riposi un guerriero stoico o un eroe “minore”. Conta che Oda ci ricordi come le storie non si reggano solo sui vincitori, ma anche sulle ombre di chi ha pagato il prezzo più alto. Messaggio che apprezzo profondamente.
Ma è tempo di intingere la penna nell’inchiostro della storia, la quale finalmente definisce la Grande Era della Pirateria—mostrando come questo flashback stia riallineando il racconto con una storia “ufficiale”. Quella che alcuni hanno da sempre voluto rimuovere. Un lavoro di archeologia del potere: dissotterrare la genealogia di una faida secolare per capire meglio… chi decide cosa è legittimo ricordare.
Signore e signori: capitolo 1157…
Nemico pubblico n°1
‘Chi osa commettere il crimine supremo non conosce la paura, e nella sua audacia trova una sorta di libertà’ – Fëdor Dostoevskij, Delitto e castigo
Oda mette a nudo le fondamenta di un passato scabroso, delineando i Rocks come una lama che incide la storia — non la graffiano superficialmente, la spaccano in due. L’obiettivo è farci comprendere come sia potuta nascere l’improbabile intesa tra due avversari per natura, Roger e Garp.
La chiave sta tutta nel messaggio che Xebec manda a Imu tramite le sue scorribande, prima gli promise di tornare a Mary Geoise, poi in pochissimo tempo divenne il nemico pubblico n°1— viste le foto di Luffy e Teach nella sala privata dell’eminenza grigia, è impossibile non lo stesse tenendo d’occhio. Quindi, si. Rocks potrebbe aver innescato da sé, collateralmente, l’incidente di God Valley. Finalmente abbiamo abbastanza elementi per tracciare un profilo psicologico. Perché sarà proprio la sua radicalità a unire nemici giurati come Roger e Garp. Quando il caos minaccia di inghiottire tutto — anche i tuoi ideali, i tuoi sogni — non rimane che allearsi con chi condivide almeno la stessa umanità.
Due uomini che tutto divide — il pirata e il marine, il sogno di libertà e il senso del dovere — eppure si trovano fianco a fianco a God Valley. Non è un’alleanza tattica, è qualcosa di più viscerale: la consapevolezza che di fronte a Xebec ogni altra rivalità diventa secondaria.
L’immagine che apre il capitolo — la ciurma leggendaria che mette a segno una rapina in un luogo deputato all’altruismo — è un colpo di scena pensato per scompaginare subito le coordinate morali della narrazione. Non è solo saccheggio ma gesto performativo. E… folle, completamente folle.
Attaccare la beneficenza significa sfidare l’idea stessa di “bene istituzionalizzato”, Xebec vuole mostrare che ciò che si spaccia per virtù pubblica può essere una facciata fragile, e che il vero potere si determina nell’atto della violazione. Qui si rivela la natura profonda del capitano: il pirata è un demolitore di simboli che opera attraverso la profanazione sistematica. Là dove il mondo costruisce altari a ciò che viene considerato sacro è in realtà solo una convenzione fragile come vetro. Questa lettura trova riscontro nelle future tattiche dei 5 Astri: Xebec non vuol far pensare a Imu solo un atto criminale, ma un’enunciazione programmatica di disordine. La rottura dell’equilibrio.
Mi vengono in mente due linee interpretative. Una come indice della natura indiscussa del comando del pirata: la leadership non nasce dalla lealtà ma dall’attrazione del caos — un magnetismo che fa obbedire perfino i futuri Imperatori. La seconda come filo diretto tra padre e figlio, come Teach infatti, il genitore forgia un progetto politico coerente; la rapina in una casa di carità diventa allora la messa in scena fisica del precedente messaggio: Nessuno è al sicuro.
Ecco perché presentare l’origine della modalità di reclutamento e dominio del pirata tra spettacolo, umiliazione, e annullamento delle norme che legittimano l’autorità. Proprio per questo il narratore onnisciente ci parlava di antiche tradizioni del mondo di One Piece — come la cifra ludica dei Davy Back Fight — per spiegare come Xebec pieghi la pratica del gioco a strategia di potere. La scorsa settimana vi scrivevo appositamente di eventi apparentemente leggeri (i pirati che cadono come mosche alla vista di Shakky) che ora disegnano mosse politiche di enorme portata.
C’è poi una lettura più profonda, il sensei vuol farci pienamente comprendere la rabbia psicotica di Akainu, la freddezza di Kizaru, la determinazione di Garp: colpire un ente caritatevole è un attacco simbolico al contratto sociale. Non è tanto la perdita del denaro a contare, quanto l’annichilimento della fiducia pubblica: se persino il “bene” è violabile, allora il tessuto civico si sfalda. Questo spiega l’urgenza con cui il Governo reagisce e il perché la scena funzioni da detonatore narrativo — Sengoku stesso descrivere i Rocks come la malvagità peggiore mai vista, come Lin Lin in capitolo che sbeffeggia i monaci, accusandoli di trattenere le offerte arricchendosi sulle spalle di poveri bisognosi… facendogli capire di essere della stessa risma di delinquenti come loro.
È la ciliegina su una torta indirizzata all’inferno.
In soldoni, l’assalto alla beneficenza non è un dettaglio shock per il gusto dello shock. Sottolinea che i pirati stessi non hanno la minima etica: i Rocks non vogliono soltanto saccheggiare i mari; vogliono mostrare che tutto ciò che il mondo tiene per sacro è, in realtà, vulnerabile. E chi governa il terrore con spettacoli del genere può riscrivere le regole della memoria. E questo Imu lo sa benissimo.
Poi, all’improvviso…

L’ipotesi che uno dei frutti utili al progetto di Xebec fosse il Gura Gura… puff! Svanisce. Newgate ne era già in possesso, ottimo, un’ipotesi in meno da vagliare. Mini-dialogo implicito tra Kaido e Barbabianca: vedono i frutti soltanto come strumenti di potere, marcia aggiuntiva se si preferisce. È chiaro — con a capo Rocks? Figuriamoci — che questa ciurma cresce a pane&dominazione, e che sulla carta sia quella l’unica cosa indispensabile.
Riaffiora in mente la visione del futuro dittatore di Wano:

Solo due possessori di frutti — tre, considerando lo stesso Dragone — tra coloro che potevano aspirare alla vetta mondiale.
Sullo sfondo il resto della ciurma che maledice i discendenti di Newgate fino alla nona generazione; Ochoku che gioca a scaricabarile, Kyo che vuole replicare su Shiki quanto Roma fece con Cartagine, mentre quest’ultimo sorride innocente con il candore di Voldemort davanti al Wizengamot. Trovandosi in disaccordo sulla questione, si dilettano nelle arti del pestaggio e del turpiloquio. Come hanno fatto a convivere per anni?
È sempre Xebec a sedare gli animi — sta arrivando la Marina, meglio menare le vele — eppure nel momento in cui ci si aspetta che Lupin sfugga a Zenigata e ci si rilassa un istante, il sensei spinge sull’acceleratore. Ti ritrovi a osservare Neo che si ferma, sussurra il suo storico “NO”, e fronteggia tre agenti simultaneamente. Qui, sul viso di Xebec compare un ghigno saturnino e, bontà divina, ingaggia la flotta. Bollettino (nero, nerissimo) dei mesi successivi:
“Dal giorno della loro comparsa i Pirati Rocks segnarono il mare con una scia di devastazione: 16 attacchi compiuti, 76 navi affondate, 14 porti dati alle fiamme, 5 città ridotte in macerie, un intero Regno devastato. Violando tre clausole straordinarie dell’articolo 18 della Legge Mondiale e ottenendo la cancellazione di 25 capi d’accusa, il loro potere sembrava senza limiti. E sebbene navigassero sulle stesse acque che un giorno avrebbero visto Gol D. Roger ascendere a Re dei Pirati, quegli anni passarono alla storia con un nome che ancora incute timore: l’Era dei Rocks.”
Non vorrei ripetermi ma… bontà divina.
Mettete per un istante da parte l’immagine di meraviglioso debosciato quale è. Possiamo definire “giustizia” anche quella di Aramaki? Non evoco il personaggio casualmente; più avanti comprenderete.
I tratti dell’ammiraglio risultano totalitaristici, disfunzionali: distruzione degli ideali patriottici, annichilimento di una nazione, di un popolo quando rivendica la propria libertà. Caratteristiche che combaciano spaventosamente con un sistema che funziona accentrando il potere in un gruppo ristretto (i Draghi Celesti), un unico partito (il Governo Mondiale), persino in una sola persona (Imu-sama).
“La discriminazione è rassicurante.”
Questo messaggio risulta, di per sé, disumano.
Intendiamoci: Xebec rimane un degenerato che non esita a picchiare un bambino, saccheggia senza principi, ma forse sarà esattamente questo a condurci finalmente al flashback di God Valley. Osservare la gioia folle che il personaggio manifesta nel superare ogni limite ci invita come mai prima a interrogarci sulla fragile linea tra ordine e caos. Perché Rocks è un villain, un antagonista, eppure desidera svelare ciò che si cela sotto la superficie apparentemente stabile della società.
Badate bene, mes amis, so che il suo è un sogno di dominio; infatti la mia non è una giustificazione per Xebec quanto una speranza per Teach. Sapete come la penso: padre e figlio non coltivano esattamente il medesimo sogno. Perché c’è un senso estetico in questa scelta d’apertura, Oda preferisce il gesto che sospende a quello che spiega. La rapina all’ente di ‘beneficenza’ non ci dice solo chi sono i corsari, ci indica cosa il loro apparire intende fare al mondo: mostrare dove le certezze scricchiolano e, col rumore, imporre un nuovo ordine di visibilità.
Una parte di me spera che il sogno di Marshall sia più nobile: poiché chi controlla la narrazione… riesce spesso a riscrivere anche la morale.
Il che ci conduce al martire della faccenda, Harald.
Osservate queste immagini…

…

fino a capire, che trattasi di una mentalità inculcata persino agli ammiragli…

Ci credo che poi Aokiji sbrocca.
Come potete constatare, il discorso torna prepotentemente a uno schema ben preciso: ogni popolazione si sposta di rado, vive nel proprio ‘orticello’ insulare. Distruzione sistematica di biblioteche e documenti storici. Informazione rigorosamente unilaterale.
Harald finisce esattamente in mezzo a questo tritacarne.
Come un cavaliere medievale catapultato nell’era delle bombe atomiche, incarna quella purezza di intenti che il sistema mondiale considera pericolosa proprio perché innegoziabile.
Lo scenario è dei più penosi: al Re viene imposto di rimanere con le mani legate durante quella che appare una deportazione in piena regola — atto che colpisce il paese che salvò Elbaf dagli stenti dell’inverno rigido. Non che avrebbe fatto differenza per un uomo d’onore, ma qui è spinto dalla gratitudine verso degli amici. È la sua fibra morale a reclamare il debito.
Prima i governativi usano la lusinga dell’adulazione, subito dopo tolgono la maschera assassinando una ragazza innocente. Leggendo le parole — “Voi non siete umani” — e vedendolo scagliarsi contro quei rifiuti… c’è mancato poco che urlassi il suo nome dal salotto di casa.
E qui cosa succede?
Succede che ne ferisce più la penna che la spada — il World Economic Journal marchia il reggente come sovversivo. Ora: quanto vale questa informazione dopo le saghe di Wano, Egghead e l’incipit di Elbaf? Dopo il comportamento dei soldati a Sphinx in assenza di Marco, i deliri di Aramaki e le parole dell’agente che ‘negoziava’ con Harald?
È oro narrativo puro. Perché è parte integrante di come il Governo Mondiale mantenga il silenzio pur attuando stragi — e alla luce del Sole, come cantava Frankie Hi-NRG qualche tempo fa:
“Il metodo che adottano per controllare l’opinione pubblica
È antico come il mondo ed infallibile:
Ne aumentano le fazioni, riducendo le interazioni
Moltiplicando le incomprensioni e dividendo le persone
Rivoluzione resta un vocabolo impronunciabile
Se l’unico scontro possibile è tra parti di popolo
Che vivono gomito a gomito e non si accorgono di essere identici.”
Parola di Imu.
Ciò premesso, il prossimo paragrafo abbraccia il confronto tra Xebec e Harald, una inaspettata prospettiva sulla Marina, i possibili retroscena del rapimento che innescherà God Valley e… la reazione del Governo Mondiale — poiché, seppur non evidente in superficie, parliamo di un unico cerchio perfetto.
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Casus belli
‘“La causa immediata della guerra fu il timore che gli Spartani nutrivano della potenza crescente di Atene.’ – Tucidide, La guerra del Peloponneso
Ogni guerra ha un innesco. Il dialogo tra Harald e Xebec ne è l’esempio lampante.

Il pirata conosce a menadito le strategie del Governo — ci ride sopra con la spavalderia di chi ha già visto troppe volte lo stesso copione. Invita nuovamente il gigante all’adesione alla sua ciurma. Dopo l’ovvio rifiuto, Rocks va maggiormente sul personale, aggiungendo quanto gli risulti insopportabile vederlo prostrarsi a tali angherie. Da qui Loki trarrà spunto per il proprio disgusto, definendo il padre un “cane fedele al governo“.
Il re lo vediamo con il capo rasato, gesto deriso sia da Xebec che da Garp, ma con un significato preciso, soprattutto se pensiamo agli Astri che gli commissioneranno l’omicidio dell’amico. A tal proposito mi sono informato, ci sono esempi di questa pratica dall’Induismo fino ai Nativi Americani, ma tutti collimano su un punto. Radersi la testa, nelle tradizioni spirituali, è un gesto che condensa rinuncia e rigenerazione: dalla liberazione dal samsara, al distacco dalle vanità mondane, fino alla scelta di semplicità e concentrazione interiore. Diventa segno visibile di umiltà e di un nuovo cammino, un atto di trasformazione che sancisce l’impegno verso una vita di dedizione e consapevolezza.
Le ultime due righe descrivono l’intento del sovrano.
Il dialogo seguente è una piccola bomba a idrogeno narrativo.
Seppur ridendo, il leader dei Rocks fa presente all’amico che non l’avrebbero mai preso sul serio. Qui il Re menziona il Pugno, e solo allora il discorso cambia soggetto, passando dal governo alla Marina:
Il capitano sa perfettamente quanto il vice Ammiraglio odii i suoi superiori, aggiungendo che dovrebbe fare il pirata. Meraviglioso. Scommetto che fu uno dei pensieri anche di Aokiji, quando capì di avere le mani burocraticamente legate. Vedete… non credo che questa informazione sul marine sia di pubblico dominio. Certo, occasionalmente Garp se ne sbatte altamente di nascondere le proprie inclinazioni (ricordate cosa dice pubblicamente a Stelly?), ma di certo mantiene un’opinione alta della Marina, anche solo per infondere fiducia alla popolazione.
In pratica? Xebec parla con certezza. È un passo avanti a tutti, sempre.
Il che ci chiarisce il piano di Harald tramite le sue stesse parole, la Marina annovera tra i suoi ranghi spazzatura, ma non tutti sono così, approva incondizionatamente l’adesione di John Giant al corpo, e anzi si augura che molti giganti ne seguano l’esempio, perché l’istituzione salva e protegge gli innocenti. Questo, lo condivide. Piuttosto logico, il monarca preferisce aderire a un’istituzione più corretta del governo, e qualora lo facessero diversi giganti guadagnerebbe peso politico in maniera pulita. Ottimo piano.
Al che Rocks, esasperato, chiede il parere di Ida, la quale pronuncia delle parole sibilline — “Scegli bene i tuoi amici” — Osservatela attentamente: è in difficoltà mentre parla. Sta riferendosi ad accordi futuri, o mettendo in guardia il re da chi sta bevendo con lui in quel momento?
Staremo a vedere.
Ora l’altra faccia della medaglia. In questa conversazione è presente un’informazione da brividi, sfuggita ai più. Scenario, Kong parla con Tsuru, Sengoku e Garp. Il primo è ancora Ammiraglio, quindi non posto nella posizione di patto vincolante di silenzio da parte del governo, gli altri tre sono vice. Su tutto aleggia un velo di pregiudizi: ogni gigante è infinitamente superiore agli esseri umani, il loro retaggio storico è foriero di violenza selvaggia.
Tsuru è pragmatica, devono affiliare Harald prima di Rocks. Sengoku centra il punto, il Re è un brav’uomo, di saldi principi. Garp è la forza rivelatrice che parla direttamente a noi: il pubblico.
“Voglio quella forza militare per la Marina.”
Ora guardate qui:

Gunko ha proferito la verità definitiva: i giganti sono l’ago della bilancia. Allora che senso ha non affiliare, senza tante cerimonie? Perché la Marina non è il Governo. E visto come suda copiosamente e tentenna Kong, dall’alto — quindi Im — è piombato un chiaro “i marine sono carne da macello, decidiamo noi, tergiversa Kong, tergiversa pure“.
Immaginate per un attimo i giganti, vassalli di Harald ma guidati da Tsuru, Sengoku e Garp all’apice della loro fibra sia morale che fisica. Giorno dopo giorno a parlare, vivere insieme, gomito a gomito combattendo, guardandosi le spalle, al momento del Ragnarök non avrebbero mai scelto il Governo. Questa unione non si può fare — Im la sa lunga. Qualcuno attento starà pensando: “sì, ok, ma alla fine gli propongono l’adesione in cambio dell’omicidio di Harald“. Certamente, ma non è la stessa cosa, una volta che hai sporcato la coscienza e reso ricattabile un uomo nobile come il re di Elbaf. Una volta che l’hai corrotto e ne hai fiaccato lo spirito irrimediabilmente.
A Imu stanno bene due cose: A) che i giganti non leghino con nessuno, e siano tenuti a distanza per la loro violenza innata; B) se proprio dovesse essere, togliere dalla scena la minaccia più ingombrante (Xebec) e rendere una marionetta la figura politica che guida un popolo. Esattamente come il ruolo del Grande Ammiraglio: il governo tratta con una sola persona alla volta, riducendola al silenzio tramite bugie, responsabilità, violenza o ricatti.
Guarda caso… solo Loki è a conoscenza del reale epilogo del padre. Guarda te il caso. È paradossale, ma il piano di Garp avrebbe realmente compromesso quello di Im.
Ora fronte God Valley. Shakky giunge ad Hachinosu di sua sponte, Gloriosa è già qui e fa parte dei Rocks — qualora gradiste sapere il motivo, nel precedente articolo ho stilato una teoria ben precisa —, la prima non dà cenno di volerla incontrare, la seconda parla dell’amica senza astio, ma solo ipotizzando, manifesta rimprovero solo se Shakuyaku si fosse allontanata dalla pirateria per via di Roger, ossia che ne fosse innamorata.
Il cardine narrativo non risiede tanto in questa motivazione — potenzialmente causata da sentimenti verso Rayleigh o da semplice desiderio di pace, da cui la scelta dell’isola — quanto nel rapimento del “tesoro” di Hachinosu.
Il Governo cercava Shakky in quanto simbolo: voleva, presumibilmente, un trofeo di valore. Certo, abbiamo assistito più volte a Draghi Celesti che si appropriavano di ciò che catturava la loro attenzione, ma il contesto qui è diverso. Non si tratta di capricci aristocratici, bensì dell’”epurazione triennale dei nativi”, durante la quale vengono distrutte con metodica precisione le isole non affiliate. Luoghi che vengono inoltre popolati di elementi ritenuti pericolosi: rivoluzionari come Ivankov, “razze inferiori” come gli uomini-pesce, ibridi considerati nocivi come Kuma, un buccaneer.
Due ipotesi si delineano: o Shakky rappresentava un premio particolarmente ambito, oppure — e questa è la possibilità che ritengo intrigante — durante l’anno di lontananza da Amazon Lily ha compiuto qualcosa di intollerabile per il Governo Mondiale. Si allontana dalle sorelle per non esporle al pericolo, e si dirige verso l’unico luogo in cui le istituzioni evitano accuratamente di mettere piede, Hachinosu.
Entrambe le teorie trovano sostegno in un’inferenza logica: il Governo non avrebbe mai lanciato una sfida diretta ai Rocks. Tutto trapela pochi giorni prima grazie a Ginney. Guarda caso, stranamente, Shakky arriva proprio chiedendo protezione. Il caos, a questo punto, è inevitabile.
In chiusura, rifiniamo il motivo dell’omicidio commissionato ad Harald.
La narrazione trasforma Xebec in un simbolo quasi puro: la negazione dell’ordine costituito come mezzo per portare alla luce la verità più nuda, quella che nemmeno chi difende la ‘giustizia’ conosce.
Da qui nascerà la decisione di uccidere Rocks e ‘graziare’ Harald, con una mossa degna da chi gioca a scacchi da un millennio, se hai due facinorosi perché sporcarsi le mani, quando puoi metterli l’uno contro l’altro? Ma perché Xebec, e non il Re?
Riflettiamo, il pirata è semplicemente un devastatore di città?
No, considerate un istante il ricatto, la deportazione e l’omicidio a cui assistette Harald prima di reagire: Xebec invece non aspetta passivamente, è un detonatore di contraddizioni che opera attaccando senza la minima paura.
E qui viene il bello.
Il motivo per cui amo questo personaggio. Ogni sua rapina diventa una lezione di filosofia pratica, dietro ogni istituzione che si proclama virtuosa si nascondono gli stessi istinti predatori che lui manifesta… apertamente.
La differenza è che i Rocks non mentono sulla propria natura, mentre il Governo Mondiale costruisce cattedrali di retorica per nascondere i propri crimini. In questo senso, la violenza di Xebec assume una dimensione quasi pedagogica — quella del maestro che insegna attraverso la dimostrazione brutale, costringendo il mondo a guardare in faccia la propria ipocrisia.
Come sempre, vi lascio il video del Re: una timeline aggiornata e rinnovata, che dimostra precisione acrobatica nell’analisi e autentico amore per la dimensione mitica della narrazione. Avete presente?Quella lente attraverso cui ogni storia rivela il proprio tempo. A voi…
In controluce
Spero di avervi intrattenuti, spinti a ragionare e riflettere.
Sto amando la figura di Xebec, poiché non si limita a rubare ricchezze materiali, ma devasta l’immaginario collettivo, trasformando ogni atto di violenza in un teorema filosofico sulla fragilità delle istituzioni marce.
Come un evangelista del vuoto, predica attraverso la devastazione.
Niente anarchia da strada ma chirurgia esistenziale: dove il mondo costruisce santuari della moralità, lui apre voragini di disillusione.
È il paradosso del potere. Se Elbaf dovesse davvero piegarsi, non sarebbe per debolezza dei giganti, ma per la forza del ricatto. Precisamente qui la storia dei Rocks smette di essere retro-lore e diventa chiave del presente, facendoci capire perché tanti personaggi, ancora oggi, preferiscono l’anarchia imperfetta alla “giustizia” perfetta.
In controluce, Oda orchestra tre piani: l’entropia piratesca (Rocks), la riforma impossibile (Harald), il capitale emotivo (Shakky). Sigilla due anni di devastazioni con cifre da cronaca nera epica: porti incendiati, città rase, navi affondate. L’ultimatum dei Gorosei li cuce in rosso, per entrare nel mondo “civile” devi compiere un atto incivile.
Ed è qui, mes amis, che la storia cambia rotta.
Godiamoci il viaggio, genti
‘Ora spiegami, dai
L’atteggiamento che dovrò adottare…’ – Renato Zero a God Valley