‘The debt I owe, gotta sell my soul ‘Cause I can’t say no, no, I can’t say no Then my limbs all froze and my eyes won’t close And I can’t say no, I can’t say no’ – Billie Eilish, Bury a friend
Salve genti, nuova analisi: era tutto già deciso.
Nella mia mente riecheggia la risata beffarda di Xebec. E’ giunta l’anarchia narrativa. L’ultimo capitolo sprigiona un’intelligenza registica sempreverde, evocando un equilibrio appena accennato destinato a frantumarsi, o forse un conflitto tra opposti in via di collisione. Più che insinuare il dubbio, si presta alla speculazione — in quanto non accusa, bensì sospende il giudizio, innescando diverse chiavi di lettura (patricidio, tradimento, destino).
Harald non fu piena luce, né totale ombra. Visse nell’intercapedine tra le due. È un archetipo ricorrente, specie quando si tratta di raccontare la tensione tra istinto e redenzione, quella forza selvaggia e distruttiva che solo un sentimento preciso può contenere (forse l’amore). Ma questa è solo la punta dell’iceberg.
Il capitolo 1152 impone una rilettura cruciale del concetto di Haōshoku no Haki. Getta nuova luce sul motivo per cui Zoro l’abbia risvegliato così tardi e – per quanto paradossale – probabilmente è la stessa ragione che lo preclude a Sanji. O forse no. Ho una teoria da esporvi. Nel cuore del racconto affiorano i dilemmi di Loki e Hajrudin, vulnerabili sotto la corazza dell’eroismo. E se quel marchio sul braccio di Shanks fosse quello di Imu? Oltre a creare un collegamento diretto con le cicatrici procurate da Teach (come leggerete), potrebbe dividere il pubblico, in quanto presente sull’arto mozzato dal Re della Scogliera. Con quel gesto, il Rosso non afferma forse di aver scommesso su una nuova Era? Dopo che Luffy ingerì quel particolare frutto, lo stesso che ‘avrebbe‘ dovuto mangiare Shanks? Se fosse vero… il cortocircuito sarebbe totale. Oggi la linea tra retcon e satira è sottile, ma i dialoghi traboccano di informazioni e conferme. Abbiamo molto su cui confrontarci; si parte.
E’ il momento dell’Elzeviro…
Il crepuscolo degli Eroi
La mini-avventura scivola via senza particolari fremiti. Ma se si usa il pensiero laterale, ecco che il quadro si fa più interessante, come un messaggio in codice che, in luce radente, rivela strati d’inchiostro invisibili a un primo sguardo.
Il messaggio in superficie è cristallino, quasi didattico: il potere legittimo (Yamato) celebra le virtù del vecchio ordine morale (i Foderi), siglando una pace che passa non per la vendetta, ma per il riconoscimento reciproco. La scena-chiave, quella della Kurozumi che dona un cappello a un seguace di Oden, è un gesto semplice, quasi ingenuo, eppure mostra significato. È un atto simbolico che spezza il ciclo della vendetta, un’eredità di violenza che ha dilaniato Wano per generazioni. L’elemento più sottile però — e forse più brillante — è la presenza discreta ma eloquente di Page One e Ulti. Ex nemici, ora testimoni silenziosi della riconciliazione. Non più carnefici né vittime, ma comparse funzionali a una nuova idea di convivenza. Questo è scrivere con eleganza antiretorica, e vale più di un colpo di scena.
In fondo, il vero valore di questa mini-avventura sta proprio nella sua apparente banalità: è un “epilogo morale” travestito da cartolina folkloristica. Bello, sì. Ma soprattutto semplice, come sanno essere solo le cose veramente complesse.
Un pensierino anche per Kawamatsu, l’unico la cui figura mi ricorda un gokenin, più che un Ronin. Lettura che si avvicina all’uomo-pesce non solo come funzione gerarchica, ma soprattutto per ethos, per “forma del sentire” feudale e post-feudale. Il termine (letteralmente “uomo al servizio della casa”) nasce nel Giappone del periodo Kamakura (1185–1333) e trova il suo significato più pieno sotto il primo shogunato militare. Il gokenin non è una figura celebrata quanto il daimyō o lo shōgun: opera nell’ombra, fedele a un potere superiore a cui ha giurato obbedienza, senza pretendere visibilità o merito pubblico. Questo per le scelte prese dal samurai nel periodo post Oden. Il gokenin rappresenta una forma estrema di supporto nobilitata dall’intenzione, dove il dovere prevale sull’orgoglio. Non si combatte per l’onore personale, ma per la continuità morale del casato. Anche a costo della reputazione o della vita. Ricorda decisamente più Kawamatsu, che Denjiro (senza nulla togliere a quest’ultimo, anzi). Quando Oden muore e il clan Kozuki viene disperso, la sua fedeltà non si dissolve: diventa più silenziosa, ma più profonda. Proprio come i gokenin, il fodero:
A – si priva idealmente del nome, diventando una creatura folklorica (un kappa)
B – vive nell’ombra, sopravvivendo per difendere la piccola Hiyori
C – non si ribella all’umiliazione, accetta la prigionia a Udon e la fame come pegno dell’onore custodito, non cerca gloria, ma attende il momento in cui la casata Kozuki potrà tornare a risplendere.
Kawamatsu è il gokenin che non muore per la causa, ma vive per custodirla, il cui compito è mantenere la memoria intatta attraverso il tempo. Beh, mes amis, credo proprio ci sia riuscito alla perfezione.
Ma ora è tempo di dedicarsi a un capitolo che lascerà il segno. Abbiamo visto il Re di Elbaph trattare con affetto entrambi i suoi figli, chiedendogli di guidare il paese nel futuro, quindi c’è stata una metamorfosi, anche per ciò che suggerisce tra le righe. Harald fon non fu mai del tutto luce. Né mai davvero ombra. Esistette in quel punto cieco che separa le due, nel crepuscolo degli eroi tragici?
Signore e signori: capitolo 1152…
Non tutti i Re indossano la corona
“La forza non deriva dalle capacità fisiche, ma da una volontà indomita.” – Mahatma Gandhi
Ci sono capitoli che dividono. Non sta a me dirimere la questione. Il mio compito è leggere, comprendere, offrire un’analisi limpida. E oggi abbiamo dati sufficienti per considerare due questioni importanti. Come fermare i Cavalieri Divini, e, Sanji risveglierà mai l’Haōshoku? Cosa troviamo davvero in queste pagine?
Retcon (abbreviazione di retroactive continuity). Termine usato principalmente in narrativa, fumetti, cinema e serie TV per indicare una modifica o reinterpretazione retroattiva di eventi già stabiliti nella storia di un’opera. In pratica, si introduce un nuovo dettaglio, cambiamento o spiegazione che altera o rivede elementi precedentemente narrati, spesso per correggere incongruenze, ampliare la trama o introdurre nuove prospettive.
Oggi vi dedico una panoramica completa sull’Haki del Re, iniziamo. Le parole di Gaban…
… sono la naturale estensione di quelle di Rayleigh.
È del tutto naturale pensare che Luffy, dopo i primi attacchi mancati, abbia iniziato a dubitare di sé. D’altronde i Gorosei a Egghead resistevano senza alcun graffio alle sue tecniche. Ora, a meno che non ci sia stato un colpo di scena fuori campo — una specie di tecnica suprema, capace di squarciare il cielo, creare maremoti ed eliminare le doppie punte — rimane un cliché piuttosto inflazionato negli shonen. Al momento, Scopper si limita a un semplice avvertimento: «Presta attenzione a come usi l’Haki del Re». E se fosse solo questo, allora siamo davanti a una storia antica quanto il mondo.
La dinamica di Luffy che, dopo aver visto vanificati i propri colpi, inizia a interrogarsi sulle proprie capacità (hello Katakuri-Kaido-Astri di Saggezza!), richiama quel classico momento di crisi che precede la maturazione definitiva del protagonista. Non c’è nulla di nuovo nel fatto che il nemico sfugga alle tecniche più potenti, o che il maestro suggerisca di affinare la propria padronanza di un’abilità già nota — è una sorta di rito d’iniziazione narrativo che attraversa generazioni di storie di formazione eroica. Ecco perché il consiglio di Scopper di “prestare attenzione a come lo usi” può suonare come un déjà-vu: non è una rivelazione esoterica, non si tratta di svelare una “divina-suprema-tecnica” ma di recuperare il controllo e la padronanza di ciò che già si possiede, un percorso che è tanto personale quanto universale.
Ma questo deve fare i conti con archetipi consolidati e talvolta ripetitivi. Dopo 27 anni di narrazione, sarebbe scontato assistere alla classica vittoria del protagonista sui cattivi solo perché «finalmente ci crede davvero». Serve qualcosa in più, una tecnica nuova, una presa di coscienza profonda, una motivazione che giustifichi quel salto. Senza tutto ciò, mi sentirei un tantinello preso in giro fin da Egghead. Vi ricordate Matrix? Quando Neo, dopo una lunga fase di dubbio e incertezza (praticamente tutta la durata del film), pronuncia il celebre “No” che segna il rifiuto dei limiti imposti dalla realtà artificiale in cui è intrappolato. In quell’istante, la sua mente si libera e con essa anche il suo corpo: Neo diventa “The One”, capace di fermare pallottole e sfidare le leggi della fisica. Qui la trasformazione nasce dalla volontà pura, dalla decisione di superare ogni barriera mentale. Insomma, ci basta capire cosa non sapeva del Re Conquistatore, una di quelle belle scene esaltanti.
E le parole di Loki?
Da come si esprime, sembra quasi convinto di essere l’unico detentore di quel potere — un dettaglio non trascurabile, se consideriamo il modo in cui Oda torna a giocare con il narratore inaffidabile. Stavolta, però, non si tratta solo di un espediente retorico, c’è una fenditura narrativa potenzialmente interessante, quando il principe afferma di averli già incontrati. Ne parleremo con maggiore attenzione più avanti, per non deragliare ora dal punto centrale.
Ho sentito, anche di recente, qualcuno lamentarsi dell’Haki. Poche voci, isolate, ma comunque presenti. È una polemica che riaffiora ciclicamente, fin da quando Kaido ha dichiarato con forza che “l’Ambizione supera ogni cosa”. Ehi, non parliamo di una scorciatoia narrativa. L’Ambizione è la forza livellatrice per eccellenza. In un mondo popolato da veri e propri mostri, dove i frutti del diavolo creano squilibri assurdi e i corpi diventano intangibili, serviva una legge interna che ristabilisse l’equilibrio narrativo. Come affrontare entità come Kizaru, che colpisce alla velocità della luce, o Akainu, una catastrofe naturale ambulante? Senza Ambizione, sarebbe semplicemente impossibile.
Ma c’è di più. L’Haki non è altro che la declinazione onepieciana di una forza presente, sotto forme diverse, in praticamente ogni grande manga shōnen. Pensiamo alla reiatsu in Bleach: una pressione spirituale che separa il combattente comune dal guerriero d’élite. O ancora, al Settimo Senso dei Cavalieri dello Zodiaco, quella consapevolezza cosmica che permette ai protagonisti di bruciare il proprio cosmo fino a sfiorare l’essenza divina. È la stessa logica che ritroviamo nell’Haki… la forza che scaturisce non da un oggetto esterno, ma dall’interiorità, dalla volontà, dall’identità stessa del personaggio. Ciò che permette di non essere definiti solo dal proprio potere, ma dalla propria crescita.
L’alternativa sarebbe stata molto più banale: una corsa al frutto del diavolo più forte. Sai che divertimento.
Tornando a noi, perché Gaban ha chiesto di fare attenzione a ‘come’ usare tale capacità? Cosa sappiamo, con certezza, di questo potere? L’Ambizione del Re Conquistatore non è per tutti. Non si apprende, non si trasmette, non si copia. È innata. Secondo Rayleigh, solo una persona su milioni possiede il talento per risvegliarla. E già questo la separa da qualsiasi altro potere esistente nel manga. Il paradosso è che chi ha questo Haki non è necessariamente il più forte in termini assoluti. Ma è sempre colui che fa la differenza nella storia.
Gol D. Roger: il Re dei Pirati.
Barbabianca: l’uomo che poteva distruggere il mondo.
Portgas D. Ace: se ancora vivo, avrebbe contribuito a cambiare lo status.
Kaidō: incarnazione della forza bruta e del dominio per legge naturale.
Shanks: nel suo paragrafo avrò di che scatenarmi.
Oden: il samurai che ha colpito persino Roger.
Luffy: il ragazzo che sfida il potere centrale e infrange ogni catena.
Viene allora da chiedersi: cosa accomuna tutti questi personaggi? La risposta è chiara, una visione. Tutti, nessuno escluso, hanno una volontà così intensa da diventare centro gravitazionale. Non seguono la corrente. Sono la corrente.
Tornando a Gaban, ora sappiamo per certo che l’ambizione serve a soggiogare… ma può essere infusa nei colpi. Si apre così un nuovo livello di scontro, dove non basta più essere forti: bisogna trascendere. Ma le parole in capitolo, seppur rivolte a un novizio come Zoro, danno da pensare…
Luffy la riconosce perfettamente, ma quanto la controlla di preciso? Ecco il l’opzione, o meglio, le due opzioni. A – off screen Scopper ha parlato chiaramente di una nuova declinazione dell’ambizione, con un effetto ben preciso, e quindi bisogna attendere.
B – quando ha ingaggiato i Gorosei, a Egghead, va bene che si rideva e si scherzava, ma un certo punto…
… è stato il suo spirito ad essere fiaccato.
Fino ad arrendersi completamente.
Anche se, a essere sinceri, le scene non suggeriscono immediatamente questa lettura — Luffy continua a ridere, in balia dell’estasi divina che accompagna la sua trasformazione — col passare delle vignette qualcosa cambia. Il sorriso si irrigidisce, lo sguardo si fa via via più teso, e inizia a lamentarsi apertamente della loro invincibilità. L’effetto più immediato dell’Haoshoku è far svenire chi ha una volontà troppo debole. Ma non è solo una scena d’effetto. È una dichiarazione di supremazia. Come dire: non è nemmeno il caso che tu combatta. E in questo caso, forse, sono stati gli Astri ad avere la meglio. Sarà questa la semplice chiave di lettura? Non manca molto, a breve avremo finalmente il riscontro.
Parliamo adesso di Zoro e Sanji — perché, com’era prevedibile, la community è esplosa come una polveriera. In tanti mi avete chiesto privatamente una analisi specifica sulla faccenda. Quindi ho stilato due ipotesi su Sanji, e spero possano piacervi entrambe. Prima ovviamente facciamo il punto su Zoro, poiché sono rimasto basito, c’era veramente qualcuno convinto che non avesse quell’ambizione? Suvvia. Per chi ancora si interroga, chiedendosi come abbia fatto lo spadaccino ad accedere all’Haki del Re, la risposta è sorprendentemente semplice. Ma in quella semplicità pulsa qualcosa di elettrico.
Il problema per lui è stato che non basta avere un sogno, devi esserne convinto, incendiato. E se quell’incendio si spegne, anche il Re dentro di te svanisce. Zoro sblocca l’Haoshoku prima di Wano, ma non è lui a rendersene conto. È Kaido (simbolo del dominio assoluto) a identificarlo. Ha sempre avuto dentro quella volontà dominante, ma l’ha tenuta a bada, come fosse un potere non in linea con la sua concezione d’onore e fedeltà. Ha inibito per ben due volte l’Haō-shoku, perché si poneva nell’ottica sbagliata, scegliere tra la promessa a Kuina e seguire da solo un percorso, o rimane legato al suo migliore amico. La prima, quando offrì la propria vita a Kuma per salvare Luffy, accettando di infrangere con le sue stesse mani la promessa fatta a Kuina. La seconda, inginocchiandosi davanti al proprio rivale, Mihawk, non per sfidarlo, ma per supplicarlo di renderlo più forte. E non per sé, ma per proteggere i suoi nakama. In quei momenti, il Re Conquistatore se n’è andato in silenzio. Anzi, gli ha fatto ciao con la manina. Eppure le radici del suo risveglio affondano molto prima. Risalgono a quelle due promesse che lo definiscono: una alla ragazza scomparsa troppo presto, l’altra al capitano che ha scelto di seguire. Per anni Zoro ha vissuto in bilico tra quei due giuramenti, entrambi assoluti, entrambi irrinunciabili.
“Diventerò il più forte spadaccino del mondo”: una sfida lanciata a sé stesso e al ricordo di Kuina, in nome di un sogno che ha il sapore della sublimazione del lutto. “Non perderò mai più”, detto a Luffy dopo la sconfitta contro Mihawk, una dichiarazione di lealtà totale, che però sembra subordinare la sua ambizione personale al viaggio di qualcun altro. Il risveglio vero avviene quando Zoro smette di vedere le due promesse come contrapposte. Quando capisce che diventare il più forte è il modo per non perdere mai più. Sblocca l’Haoshoku quando abbraccia il proprio ruolo senza riserve, senza più dover scegliere tra lealtà e grandezza. Capisce che la sua promessa a Kuina e quella a Luffy sono due facce dello stesso giuramento: diventare l’uomo che nessuno potrà mai più abbattere. Mi fermo qui, amo Zoro e potrei andare avanti all’infinito.
Per Sanji la faccenda è diversa, e non dipende dal personaggio, ma dall’autore. L’Haki è influenzato dal proprio sogno? Sì. Ma non in senso semplicistico. Soprattutto quello del Re Conquistatore, non nasce dalla forza fisica, né dalla tecnica. È una manifestazione della volontà. E se c’è una cosa che in One Piece alimenta la volontà più della rabbia o del dolore, è il proprio sogno. La visione, il desiderio, l’ambizione che ti fa rialzare anche quando il mondo intero ti ride in faccia. Quando ci chiediamo se l’Haki sia influenzato dal sogno, dobbiamo cambiare paradigma, non è un potere che cresce solo per accumulo. Semmai si affina come una lama: più preciso è l’obiettivo, più perforante è la volontà. Chi sei, in One Piece, è determinato da cosa vuoi diventare. Teach dice: “I sogni degli uomini non finiranno mai”. Non è filosofia spiccia. Parliamo della regola d’oro della serie.
Sì, l’Haki è influenzato dal proprio sogno. Anzi, è la sua estensione naturale. Se la Volontà è il vento, il sogno è la mappa. Nessun personaggio in One Piece riesce a superare i propri limiti senza prima avere un motivo che travalichi se stesso.
Ora, mettiamolo accanto a quello di Sanji: trovare l’All Blue, un luogo dove tutti i mari si incontrano — e in cui lui possa cucinare per chiunque, senza distinzione, mai discriminando. È un intento che rifiuta la logica del dominio. Il desiderio di Sanji è innanzitutto un gesto di condivisione, un oceano in cui ogni pietanza culinaria possa essere gustata da tutti, senza esclusione. Un progetto inclusivo.
L’Haoshoku esprime invece una spinta a sovrastare, è un atto di selezione naturale, non di apertura universale. In questo senso, Sanji e il Re Conquistatore camminano su binari opposti: il primo costruisce ponti, il secondo innalza confini. Il drive del cuoco non è “essere il migliore”, ma “essere utile”. L’Haki del Re, al contrario, si nutre di un’egoità assoluta, l’utilizzatore tende ad emergere come assoluto punto di gravità. Se Sanji adottasse quel POV, tradirebbe il suo stesso sogno? Di base, sì. Ora come ora, è il ponte tra le persone, il cuore pulsante della condivisione. L’abbiamo visto decine di volte.
In questa chiave, l’unico sviluppo coerente è che rifiuti l’Haoshoku. Non perché sia debole, ma perché il suo ideale non tollera compromessi. Il suo vero potere risiede nella capacità di donare, non di togliere. Il più grande atto di coraggio narrativo sarebbe non risvegliarlo, perché Sanji ha già dimostrato fin dal grembo materno la costante del suo carattere: riuscire a ‘prendere a calci’ persino un destino imposto biologicamente.
Ma… abbiamo visto il suo interesse verso quella capacità, certo, parliamo di una gag basata sulla gerarchia in ciurma, eppure, Oda poteva tranquillamente sorvolare. Quindi ho cercato di trovare un senso per il personaggio, anche qualora lo sviluppasse.
Anzitutto, sovrastare non è sinonimo di soggiogare. È piuttosto un gesto di affermazione ontologica, che nel caso di Luffy e Zoro funziona a meraviglia: “Io sono questo, e nessun altro può esserlo al mio posto.” Il caso di Sanji è molto più sottile, ma non per questo meno d’impatto. La radice del suo sogno — l’All Blue — è un impulso di unità, non di superiorità. Un oceano in cui tutti i mari si fondono, tutte le specie coesistono, tutti i gusti si incontrano. Ma non per questo è meno radicale. Poiché, se consideriamo il suo percorso, Sanji è un idealista attivo, non un pacifista passivo. Il suo sogno non è meno “regale” perché pacifico. Anzi, è forse il più difficile da realizzare: costruire un luogo dove tutti possano nutrirsi — fisicamente, simbolicamente — significa riscrivere l’ordine gerarchico stesso del mondo. In quest’ottica, sarebbe davvero così strano pensare che anche lui lo possa risvegliare? Haōshoku non è solo per chi vuole dominare, ma per chi ha una visione del mondo incompatibile con quella attuale. E Sanji ce l’ha, eccome.
Figlio rifiutato di una famiglia disumana, eppure non ha mai smesso di credere nell’umanità. Sua madre, Sora, gli trasmette un ideale di bontà radicale. Zeff gli insegna che nutrire un altro essere umano significa riconoscerne la dignità. Un mondo dove nessuno muore di fame. Pensateci. Questo è un sogno che impone di sovrastare, ma solo nella misura in cui si frappone tra il male e ciò che ama.
In battaglia, Sanji combatte per proteggere. Ed è proprio qui che un’eventuale evoluzione verso l’Haoshoku non la troverei una forzatura narrativa: non come manifestazione di ego, ma come gesto di rifiuto assoluto verso chi nega la dignità altrui. Come Shanks, che impone silenzio con lo sguardo. Come Luffy, che non negozia con chi deride i sogni. Come Zoro, che rischia la vita e poi ti dice ‘non è successo niente’.
Ecco perché la domanda sul sogno è cruciale. Chi immagina un mondo nuovo, chi non accetta quello attuale, chi non può vivere senza cambiare le regole del gioco, possiede quella scintilla. Zoro ha trovato il suo equilibrio, sovrastare per proteggere una promessa. Sanji potrebbe trovare il suo: resistere per salvare la possibilità di sognare. Suvvia… non ditemi che non vi fa sorridere l’idea di un Re che cucina per la pace.
Ora parleremo del Rosso, con una teoria ben specifica, qualcosa che tenevo da parte… proprio per un capitolo come questo. Ma prima vi rubo un istante, qualora apprezzaste il mio lavoro, e se foste interessati ad altre analisi su ulteriori manga, vi invito a visitare il mio canale…
‘Il mio posto è qui. Tra voi e Jack.‘ – Pirati dei Caraibi
Non ritengo necessaria una nuova timeline in merito a Shanks, le date sono sempre quelle, il ragionamento che conta è la presenza del marchio sul braccio, e cosa rappresenti questo incredibile dettaglio in relazione ai tempi scanditi.
Semplice semplice, 14 anni prima Shanks non aveva il frutto, assolutamente no, ma un piano ben preciso? Quello sì. In una pagina si stagliano nette due certezze:
Il pirata desiderava solo vivere spensierato tra amici, infatti Gaban smorza dicendo che, si, lui è il figlio del destino, ma almeno in questa felice rimpatriata, è meglio rimanere allegri. Figlio del destino, mmmh. Il mentore di Luffy ha vissuto sempre allegramente sulla Oro Jackson, ma solo fino al ritorno del suo capitano da Laughtale. Perché Gol aveva già preso una decisione, e quest’ultima a cosa si collega, finalmente? Al testo Harley di Elbaph.
“Terzo Mondo” … Il Dio del Sole danza e ride, guidando il mondo verso la fine Ma il Sole ritornerà, e un nuovo mattino sorgerà. Allora essi potranno ritrovarsi.
Questa parte parla dei due a dover rincontrarsi: L’uomo e il Dio del Sole, ossia? Il gioco a cui stanno partecipando Imu da una parte, e Shanks dall’altra. Ma è nella seconda strofa la ragione della decisione di Gol…
Cosa mancava al capitano? Semplice, parte dei protagonisti della seconda Era del mondo. Esistono il Dio della Terra, quello del Sole, poi la Foresta e il Mare.
“Secondo Mondo” Nel nulla vi era un soffio di vita. Il Dio della Foresta inviò i diavoli, il Sole non faceva che diffondere fiamme di guerra. La gente della Mezza Luna ebbe un sogno, la gente della Luna ebbe un sogno, ma l’uomo uccise il Sole e divenne Dio. Il Dio del Mare si adirò, e da allora essi non poterono più incontrarsi.
E qui viene il bello:
Shirahoshi – come ho sempre scritto negli articoli precedenti – è l’unica arma ancestrale nata direttamente dalla natura, e se rileggiamo le parole vichinghe con attenzione, leggiamo ‘Il Dio della Foresta inviò i diavoli/ma l’uomo uccise il e divenne Dio. Il Dio del Mare si adirò, e da allora essi non poterono più incontrarsi’. Questa strofa, occhio, è costruita appositamente per farci fare una ‘salto interpretativo’, poiché:
O qualcuno (Imu, oppure qualcuno con il suo potere) ha inviato i demoni in battaglia come vediamo ora a Elbaph, mentre un essere umano – chi lo sa, Joy Boy stesso – successivamente ha ucciso il Sole prendendone il potere, e quindi il Dio del Mare non solo condanna i fruttati, ma crea una sua forza portante naturale: la principessa sirena. Non sono forse i Re del mare, nella vignetta, a dire ‘stavolta andrà tutto bene’?
Altra versione che, pur mutando lievemente, ribalta quella di partenza: il Dio della Foresta genera i frutti per soccorrere gli umili, oppressi da armi colossali; eppure un individuo trasgredisce ogni limite, uccidendo il Sole e usurpando l’essenza divina (la capacità di Luffy si rivela smisurata, i poteri di Imu traboccano), così il Dio del Mare infligge una pena inesorabile a tutti i fruttati. E un’arma capace di rivaleggiare con quelle create dall’uomo.
Cosa si ricava da tutto questo? Che Roger, approdato inconsapevolmente alla verità, desiderava inaugurare la Terza Era del Mondo. Non potendo realizzarla di persona, affida simbolicamente il compito al Figlio del Destino: Shanks.
Viste le lacrime, immaginerei un discorso su questa falsariga: “non posso realizzare i miei sogni. E, no… neanche tu puoi farlo per me. Ma puoi cercare e trovare chi potrà riuscirci.“
Purtroppo, è costretto anche a spezzargli il cuore, rivelandogli ciò che ha scoperto a Laughtale e le sue origini di Celeste, compiendo poi gli unici gesti ancora alla sua portata. Innescare una nuova epoca della Pirateria con la propria esecuzione. E scommettere che suo figlio, Ace, possa raccogliere il testimone della profezia, questo trasforma Shanks in un’arma puntata contro il futuro. Il più giovane e promettente tra i pirati che conosce, l’unico dotato di sangue nobile e dunque capace di compiere ciò che resta irrimediabilmente precluso a chiunque issi un Jolly Roger. Vivere sulla terraferma e a Mary Geoise. L’unico a cavallo tra due mondi inconciliabili.
Quella appena mostrata? È la reazione di chi ha compreso che il tempo dei giochi è terminato. E non sarà l’unica. Tra poco affronteremo il tema del marchio e tutto ciò che ne consegue, ma prima è necessaria una breve parentesi: una spiegazione definitiva sulla natura dell’Haki — e sul perché il Rosso sia così profondamente motivato.
Chi possiede il conquistatore, è destinato a lasciare un’impronta, ma, attenzione, non agisce sull’indole. Persone come Ace lo hanno inibito quasi fino a spegnerlo, e se vi chiedete come, il motivo è semplice, il suo animo ha perso qualsivoglia brama di conquista, perché ha riconosciuto interiormente un altro leader: Newgate. Qualcosa di completamente inconcepibile per i parametri base del potere. La prima definizione arriva dalle Kuja ‘l’indole del Re, la capacità di sovrastare gli altri’. C’è qualcosa di netto nell’osservare come Portgas D. Ace abbia scelto consapevolmente una strada diversa. Non si tratta di incapacità o scarsa ambizione, bensì di un atto di rinuncia. Di un’inibizione volontaria. Ace non voleva regnare. Non voleva dominare. Non voleva nemmeno sognare in proprio. Voleva essere accettato.
E questo è un corto circuito perfetto per un potere che nasce per sovrastare, non per conformarsi. L’Ambizione del Re è la “capacità di imporsi sugli altri”. Ma il figlio del Re dei Pirati, ha usato ogni briciolo del suo cuore per non diventarlo mai. Al contrario, Shanks è la personificazione più piena, più controllata e strategica dell’Haoshoku. Ecco il punto cruciale: Ace e Shanks vivono la stessa eredità, ma la elaborano in maniera opposta. Si parla esattamente di volontà.
Se il primo spegne la propria brama per riconoscenza, il secondo la incanala in una forma superiore di vigilanza. In lui, il Re Conquistatore non serve a dominare il mondo, ma a proteggere l’orizzonte di un sogno. Sa che qualcosa di epocale sta per accadere, probabilmente la vuole innescare (Ben… andiamo a prendere il One Piece) si comporta come un custode della soglia, un Caronte armato di spada. Si percepisce fin da quando danneggia la Moby Dick semplicemente passeggiando sul ponte: è il mondo a doversi adeguare al peso delle sue intenzioni.
Non ha mai ambito esplicitamente al titolo di Re dei Pirati. Eppure il suo Haki del Conquistatore è tra i più devastanti mai visti. Questa apparente contraddizione è solo tale in superficie. Perché Shanks incarna una forma diversa di dominazione, ossia, quella della ‘soglia da non oltrepassare’. Nel momento in cui sovrasta completamente Haramaki, la violenza del suo Haki ha un preciso significato. Non è uno sfogo, ma un veto. La sua furia è legata a un principio: nessuno può decidere chi può davvero parlare a nome di un’era.
E ora, quel benedetto marchio.
Shanks ordina a Beckman di recuperare il tesoro non appena intravede Luffy nella forma di Nika. Immediatamente. Rileggete il numero 1054: torna in scena l’episodio della perdita del braccio. All’epoca del capitolo 01 poteva sembrare un semplice gesto di coraggio, ma oggi, con il senno delle retcon, tutto cambia. Da quando l’Haki è stato reso canone, l’intera narrazione va reinterpretata alla luce di quella chiave.
Veniamo ai fatti. Ineludibili. Parliamo di un uomo il cui livello di potenza è tale da incutere terrore con la sola forza dell’intimidazione…
… poteva tranquillamente uccidere o ‘prevedere’ il Re della Scogliera senza il minimo sforzo. Quindi. Se mettiamo le inquadrature a confronto, capiamo che Oda ha un solo messaggio da trasmettere.
Capitolo 1
capitolo 1054…
Visto il sorriso? Shanks… ha deciso in quell’istante di scommettere su una nuova Era. Come ripete sempre.
Il flashback con Gaban è ambientato quattordici anni prima, ne erano già trascorsi dieci dall’esecuzione di Roger. È dunque plausibile che il capitano abbia messo al corrente le sue “Ali” — Gaban e Rayleigh — del Figlio del Destino, raccomandando loro di non interferire. Il piano è in moto almeno da quel momento. Un atteggiamento simile a quello di Ray quando, durante il messaggio, insulta apertamente Vegapunk: non serve attirare attenzioni sgradite.
Ma allora… come ha fatto il Rosso a tornare a Mary Geoise, se risulta chiaramente che fu abbandonato a God Valley? Esiste forse qualche atroce legge non scritta che sacrifica i secondogeniti fra i Draghi Celesti? La madre di Shanks ha tentato di salvarne almeno uno, scegliendo chi avrebbe potuto avere una possibilità? Oppure, nel caos del massacro, qualcuno ha rapito il figlio di un Cavaliere per negoziare una tregua?
Potrebbe essere accaduto di tutto. Ma il punto decisivo è un altro. Shanks viene accolto a Mary Geoise perché possiede sangue puro o perché è un Imperatore? E soprattutto — considerando che la parola di Imu è legge assoluta — perché mai permettergli di incarnare proprio ciò che il Re della Terra Sacra detesta con ogni fibra del suo essere? La risposta risiede nel marchio. O, più precisamente… nel guinzaglio.
Partiamo da un presupposto, un essere inumano come Shamrock (come già scrissi), pone l’accento sul più puro disgusto verso la terra ferma e i suoi abitanti. Ma non verso il fratello.
Non dice quel ‘plebeo traditore’, ma ‘la vita ci ha separati’, pare condanni la scelta, non la persona.
Eppure Shanks ha le cicatrici di Teach, il Re della scogliera si è fatto un eccellente club sandwich con il suo braccio, quindi no ha i poteri rigenerativi del marchio, ciononostante, una spiegazione all’invecchiamento e la vulnerabilità c’è, anch’essa teoricamente semplice:
“… Perché parlo di un doppio potere? O quantomeno, perché suggerisco che i conti non tornano? La ragione è semplice: Saturn e Garling. Già la settimana scorsa, osservavo che…
‘… Forse è proprio questo il motivo per cui Imu sta estendendo i suoi poteri ai Cavalieri di Dio — sempre che lo stia davvero facendo. Vi spiego perché ritengo plausibile questa ipotesi: God Valley risale a quarant’anni fa. All’epoca Garling era chiaramente giovane. Se oggi è diventato immortale, significa che qualcosa è cambiato di recente: parliamo del passaggio al ruolo di Gorosei. Perché, nel frattempo continuava a invecchiare. Qual è la conseguenza più logica? Semplice. Primo: quei poteri non erano mai stati estesi ai cavalieri. Secondo: a Imu serviva Nika. Solo dopo averne confermato il risveglio, testato il Mother Flame e constatato il tradimento di Saturn…
Cristallino, non vi pare? Se, fin da God Valley, il buon Figarland fosse divenuto capo dei Cavalieri ma, de facto, continuò a invecchiare, come può Saul attribuire la stessa capacità? Non avrebbe alcun senso, a meno che non si tratti di due facoltà distinte, conferite in tempi diversi. Il gigante, ex viceammiraglio, conosce bene ciò di cui parla, aveva accesso diretto alle informazioni riservate. Ebbene, forse è ora di dare una nuova forma a tutta la faccenda. In quanto braccio armato degli Astri, i Cavalieri sarebbero fisicamente invincibili, ma non immortali. La vera immortalità si raggiunge solo ascendendo al rango di Gorosei. Volete delle prove plausibili? Seguitemi…
Saturn nascose Emeth almeno 200 anni fa, ma nel suo epilogo, riprende a invecchiare bruscamente quando l’eminenza grigia interrompe l’abilità che lo rende immune al passare dei secoli. Per inciso, lo pensavo già mesi orsono:
‘Sì, certo, Imu collega l’inadempienza di 200 anni fa al fallimento di Egghead; ed effettivamente, c’è un’esplosione finale. Ma in realtà sembra che stia defluendo dal corpo di Saturn… qualcosa di più profondo. Oltre a osservare gli anni scivolare via dal suo volto, Saturn non brucia né esplode. Potrete notare che una sorta di miasma si solleva anche dal terreno; non è chiaramente visibile, ma sembra che il tutto avvenga all’interno di un pentacolo. Capite cosa sta accadendo? Saturn viene distrutto dal peso dei secoli accumulati in modo innaturale, ma soprattutto…
Annullando semplicemente il contratto, quello che defluisce dal suo corpo è il potere di Imu stesso.
– analisi capitolo 1125
Ecco il chiarimento dietro il mistero, Garling invecchiava mentre Saturn rimaneva identico: il cerchio degli eletti non ammette altro che cinque prescelti. Un Pentacolo. Gradireste un’altra differenza tangibile? Avrete notato che i pentacoli degli Astri sono numerati, personalizzati. Quelli dei cavalieri, no.
Sono gerarchie di potere diverse.
– Analisi capitolo 1147
Ecco il punto nodale, come tutti hanno notato, nel capitolo, il marchio tra Sommers e Shanks differisce, quello del Rosso è molto meno elaborato, basico. Questo è il pentacolo di evocazione dei cavalieri:
Invece questo quello di Saturn:
Come dicevo da settimane: Sono gerarchie di potere diverse. Se Oda ha configurato il reversi come il gioco da tavola, un’altra declinazione potrebbero essere gli scacchi, e come sappiamo tutti, un pedone non ha la minima capacità né l’estensione della stessa, se rapportato ad una torre o un alfiere.
A Shanks potrebbe essere stato rivolto un discorso semplice, ma implacabile: “Prima o poi ci servirà qualcuno che conosca il mondo dei mortali. E tu, in fondo, sei uno di noi. Figlio di Garling. Ma… dovrai dimostrare la tua fedeltà. Accetta il marchio. Così, al minimo cenno di ribellione… sapremo come richiamarti e sistemare tutto.”
Perfetto. Elegantemente mostruoso. Ma allora perché il nulla? Nessuna azione, nessuna rappresaglia, nessuna domanda, nemmeno un segnale — quando il pirata ha tagliato quel legame?
Vi immaginate Shanks sul gruppo Telegram degli Astri a risponde tipo: “Uhm, domani ho pilates… dopodomani? Eh no, c’è la maratona di The Big Bang Theory. Forse sabato, dai. Ma non chiamatemi voi, vi faccio sapere io.” Per ventiquattro anni. Ok ok, torno serio.
Non vedo l’ora di sapere, spero in una trama ricca di colpi di scena. Al momento, mi viene solo da pensare che Imu e i Gorosei abbiano pensato che muovere guerra a chi era a conoscenza di tutta la verità sarebbe stato rischioso. Avrebbe messo in gioco gli altri Imperatori, e al mondo sarebbe arrivata una rivelazione che non sarebbero stati in grado di fronteggiare così in anticipo, e… senza il Mother Flame e la forza dei giganti.
D’altronde, se il Rosso ha veramente manifestato la propria indipendenza facendosi tagliare via il marchio, hanno comunque visto che non scatenava guerre, ma semmai sedava gli animi… esattamente come a Marinford. Tanto che fretta c’era? Noi siamo immortali. Negli ultimi anni, il mentore di Luffy ha fatto un pò quel che voleva, andandosi a sbronzare su isole, intessendo il suo rapporto con i giganti, ma ora è diverso, ce ne accorgiamo perché Shanks ha smesso di ridere. A parte qualche rara eccezione, basti ricordare gli eventi con Kid e Bartolomeo. Il secondo caso è eclatante. Se il diavolo è davvero nei dettagli, allora sorride nella vignetta splittata con l’imperatore, che ci mostra lo sguardo di Bartolomeo mentre piange e si scusa. Il punto è che aveva già bevuto il veleno, dimostrando la sua lealtà; il vecchio Shanks, a quel punto, sarebbe esploso in una risata. Almeno avrebbe accennato un sorrisetto sotto i baffi. Invece, lo osserva come se un ratto di fogna gli stesse parlando. In quello sguardo non c’è la minima traccia di umanità.
Qualcuno potrebbe osservare: ‘Sì, ma nell’ultima vignetta sorride‘ È vero, ma quel sorriso è un rimando a Luffy, è indirizzato a lui. I ghigni a trentadue denti e le fragorose risate con la testa rivolta al cielo sono scomparse. Il sorriso nell’ultima vignetta ha un che di mesto, con il viso contemplativo e rivolto verso il basso, come ai bei vecchi tempi passati.
Allora, perché la pantomima del veleno? È semplice. Ricordate Marineford e Wano, dove Shanks elimina qualunque potenziale minaccia al viaggio di Luffy. Lo ha fatto da sempre e lo fa ora. Ecco la strana risonanza: nel capitolo 1054, guarda la taglia con Luffy in forma Nika, ripercorre mentalmente tutta la loro amicizia e la storia del frutto, e alla fine, sorridendo, si tocca il braccio mozzato, probabilmente ricordando il suo investimento nel futuro. Nel capitolo 1055, Haramaki attacca Wano, e Shanks lo annichilisce.
Lì mostra per la prima volta uno sguardo furibondo, subito dopo aver visto Luffy in forma divina. Da quel momento, le sue espressioni sono quasi costantemente determinate o inquietanti; non sorride più. Un istante, riformulo…
Da quando Nika ha iniziato a farlo, Shanks non ride più.
Quindi, questa vignetta ha due possibili significati:
Durante la permanenza a Mary Geoise non poteva parlare, questo discorso chiarisce che i Roger (o solo parte di essi, vedi Buggy per esempio) sanno tranquillamente dei suoi movimenti, quindi non poteva rischiare che qualcuno in Terra Sacra capisse. Ma cosa? Si può presumere ci fossero già voci sul trafugare il frutto, di lì a qualche vignetta viene infatti operato il colpo di stato nel palazzo, Harald era un ospite, Shanks uno di loro e anche marchiato: è plausibile. Quindi, o voleva chiedere il frutto al Re, per mettere in moto il destino, o magari suggerire di stare in guardia al reggente, affinché non si trovasse impreparato. Peccato che il potere di Imu sia totalmente soverchiante.
Per parlare di questo, stavolta dobbiamo esaminare la scelta di un altro padre. Harald, la canaglia del Warland.
La mela non cade mai lontana dall’albero (di Adam)
‘È un uomo timorato di Dio, senatore? Che strana espressione. Ho sempre pensato a Dio come a un maestro.’ – Magneto, X-Men
Il re di Elbaph prese una decisione, informare il legittimo erede e l’autorità più autorevole: Loki e Jarl. Inutile dire che il tempismo fu pessimo.
O forse un emissario di Imu era lì, in carne e ossa. Qualcuno che, come Gunko, lo sorvegliava da vicino. Chi può dirlo? Ma finalmente lo scenario si fa meno opaco. Loki resta un ribelle, sì — ma pur sempre un alto nobile, erede al trono. Un bastian contrario senza compromessi, cresciuto nel culto delle gesta paterne, di cui ha ereditato ogni “deliziosa” sfumatura caratteriale. Guardate quando schiaccia la guardia contro la porta: è l’equivalente regale di quel “oops, sono scivolato” pronunciato da Harald mentre colpisce un civile. Scena brutale, ma confesso di aver riso da matti.
Il principe non risparmia nessuno, il genitore è un cane del Governo (anche se è bene notare che non si parla mai di tributi pagati né si vedono delegazioni di giganti al Reverie — dunque l’Elbaf, tecnicamente, non è affiliata), mentre Yarl è bollato come un vecchio inetto. Eppure, in quel suo desiderio di pace, si scopre — sorpresa, sorpresa — che l’anziano non disprezzava affatto l’idea di riconciliazione del Re. Anzi, sembra persino che la sostenesse. Cosa inammissibile per Loki. Scardinate totalmente la mia cultura, anche la via del guerriero, chinate la testa ad altri, e soprattutto a coloro che hanno ucciso chi, a differenza di voi, aveva cuore e attributi. Rocks.
La scena del massacro non dovrebbe essere un ordine retroattivo del Re. Tipo ‘siete mei vassalli, se dovessi mutare, attaccatemi senza pietà, per Elbaph’, tutti i soldati hanno infatti espressioni feroci e senza rimorso, quando sappiamo bene che qualcuno cederebbe alle lacrime. Qui va a finire che Yarl ha riportato un danno tale da perdere la memoria (rammentiamolo, la spada la brandiva Harald, Loki ha il martello), i soldati saranno stati addirittura protetti da Loki? Sarebbe beffardo, perché passa per il loro esecutore. O magari andò in berserk e uccise veramente tutti, ma rimase con il padre in Domi Reversi, e… in una scena che richiamerebbe La Cosa di Carpenter, assiste al padre che cerca di tornare disperatamente umano, capendo poi che potrebbe uccidere il suo stesso figlio: gli chiede di finirlo.
A meno che il capitolo sia costruito interamente su un’aringa rossa, quindi, pur di fermare la possessione Loki mangia il frutto, lo uccide, e uno Yarl confuso ricostruisce l’unica spiegazione logica non vedendo il corpo in forma di demone: il principe era già arrivato belligerante, aveva minacciato il padre e picchiato una guardia, ergo, per attuare il piano ha ucciso tutti per rubare il frutto. Sarebbe l’unica spiegazione, se il vecchio guerriero non ha visto né diavoli né pentacoli. Forse… è questo il motivo per cui, quando Imu lo minaccia, lui risponde che un guerriero non indietreggia, che abbia finalmente ricordato qualcosa dell’aggressione?
Questo non spiegherebbe tutto? Loki va a dichiarare guerra per mare: a Elbaph non ha nemici. Sa chi sono i colpevoli, e inoltre, in capitolo dice di aver già affrontato i cavalieri e sapere come vincere, quale che sia la versione, nel mito norreno i giganti (il Warland) combatto gli Dei (i Draghi Celesti) per scatenare il Ragnarok e distruggere il mondo. La prima frase che Loki dice in assoluto. Non vuoi quindi che arrivi proprio Shanks? Che lo legna, lo incatena e lo mette in condizione di non attirare l’attenzione su Elbaph finché i tempi non saranno quelli giusti? Credo sia piuttosto plausibile.
Chiudiamo con Harald. E’ il perfetto prodotto della sua cultura, solo… più bastardo. E cosa intenerisce un simile individuo, se non l’amore di una donna e la nascita di un figlio? Lo stiamo pensando tutti, ne sono certo, la prima moglie deve averlo cambiato e raddrizzato. Immaginate. All’inizio, il rapporto tra i due sarebbe forse come un patto brutale, un matrimonio imposto, un incontro tra mondi che sembrano inconciliabili. Eppure, in quello spazio segnato dalla costrizione, nasce qualcosa di inatteso. Non un colpo di fulmine, ma una lenta conversione affettiva. Non una resa, ma una riscrittura dei diritti reciproci.
Magari la principessa non si limitò a subire il rituale di un popolo estraneo: lo comprese, lo sfidò, lo ridefinì. E in questo processo mostrò ad Harald una forma nuova di dolcezza, inaudita per un guerriero come lui. Due esseri umani, seppure separati da abissi culturali (in quanto giganti di clan diversi), che poterono incontrarsi solo quando Harald abbassò la maschera del tiranno irresponsabile. Sono andato di fantasia, magari è tutto il contrario, non sappiamo neanche come fu costretto a cambiare moglie. Molto ci attende, in questa storia persa tra i ghiacci.
Come sempre vi linko il video del Re, la sua visione di Shanks è un qualcosa che vi suggerisco di ascoltare d’un fiato, a voi!
Shōnen dostojevskiano
Spero di avervi intrattenuti, spinti a ragionare e riflettere.
Luffy è un folle che propone l’impensabile: fidarsi prima ancora di conoscere. Forse è proprio questo l’unico gesto rivoluzionario rimasto. Gaban ha smesso di ridere, consapevole che la corona dell’Haki pesa più di qualunque metallo. Credo che tutti abbiamo immaginato Shanks, in lacrime disperate, stretto a Roger. Una scena che parla sottovoce, ma che vale mille parole. Forse per il riscatto di un adolescente outsider, o forse perché cela al suo interno una trama più matura, più lacerata — come la crescita interiore e le battaglie del Rosso — dove le dinamiche shōnen si vestono di un’aura quasi dostojevskiana.
Quando Loki racconta la “giornata terribile”, non narra solo un omicidio: apre una frattura nell’identità di un intero popolo. Nel vortice di acciaio e confessioni, affiora una verità celata sotto la pelle di Elbaph: è la forza a forgiare il mito? O il cuore che decide di sopportarne il peso?
Godiamoci il viaggio, genti
‘What are you wondering? What do you know? Why aren’t you scared of me? Why do you care for me?’
Scrittore, blogger, videomaker. La voglia (forse necessità?) di diventare un creator nasce da un imperativo semplice: diffondere la cultura del fumetto, del cinema e della letteratura. Galeotta fu la quarantena, che mi spinse a maturare l'idea di sfuggire alla noia, dedicandomi al campo in cui mi sento più versatile: la comunicazione. Decisi di unire i 13 anni di esperienza in televisione, l'amore per i manga, gli anime e l'universo nerd, insieme alla mia vena ironica, i miei studi e il personale gusto estetico. Le prime live, poi l'incontro con Gabriele il "Re del Bike&Raft". Da allora, ammetto di averci preso gusto. Penso che Emily Dickinson sia stata la più grande poetessa mai esistita, mentre considero Quentin Tarantino la "testata d'angolo anni '90" del cinema. E' il prologo di un desiderio sempre più crescente: pubblicare il mio primo libro o dirigere un film. Magari ci vuole fortuna, ma credo che Seneca avesse ragione: "La fortuna non esiste, esiste il momento in cui il talento incontra l'opportunità".
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