‘Light the fuse and burn it up
Take the path that leads to nowhere’– Breaking Benjamin, I Will Not Bow
Salve genti, nuova analisi, capitolo 1147: Brook MVP assoluto.
Resistenza e indipendenza morale: è di questo che si parla oggi. Ma non solo. La saga, che già intreccia demoni, onore vichingo e combattimenti spettacolari, qui compie un passo ulteriore. Si fa veicolo di una scelta narrativa tanto visiva quanto ideologica, una riflessione sullo scontro tra la cultura del Warland e il fanatismo di Mary Geoise: che non concede spazio a sfumature.
La richiesta del Governo Mondiale non è un’offerta di alleanza, ma l’imposizione di un guinzaglio.
La struttura sociale era preventivata da tempo, qui comanda Jarl.
Ma c’è anche la smorfia di dolore di Gunko dopo aver colpito Brook.
Che stia oltrepassando il limite del proprio potere?
Sommers e Kiringham sono invece un punto di rottura.
Se due immortali decidono di sottrarsi allo scontro diretto con un Imperatore, vedrete, c’è una ragione ben precisa, e non credo si parli di mero buon senso.
In gioco, la distruzione della conoscenza che potrebbe rivelare al mondo le catene invisibili a cui è soggetto… l’eco di un passato che non smette di ripetersi.
Ho stuzzicato la vostra curiosità? Eccellente.
È il momento dell’Elzeviro…
Due simboli
Gotham City. Ehm, no, scusate.
Eppure avrei detto che Raizo è praticamente identico al cliché fumettistico: sapete, il sindaco che durante la crisi sparisce e, a disastro concluso, si presenta con le chiavi della città in mano? Ecco.
Gag a parte, la corrente mini-avventura gode di triplice valenza.
A – Per cominciare, alle spalle dei protagonisti, alcuni individui—probabilmente parenti delle ragazze rapite—stanno impartendo una lezione di ‘educazione civica’ a quello che sembra essere Who’s Who. Le corna dell’elmo sono leggermente più arcuate del solito, ma la foggia rimane quella. Comunque sia, chiunque sia: è lievemente imbufalito, e per assicurarsi che il pirata abbia assimilato la lezione, gli sta porgendo carezze con una pala. Modellandogli l’assetto facciale in stile Picasso. Ho riso da matti; sto ridendo anche adesso. Ma una nota seria c’è davvero, che sia la volta buona per togliere la maschera?
B – La pace interiore di Hiyori ha prevalso.
O-Tama, una Kurozumi, è allenata da Shinobu nell’arte della guerra e si stringe a Raizo. Ora è immersa nel Ninjutsu.
Con l’arrivo di Momonosuke come nuovo shogun, la società di Wano sembra pronta a superare il trauma storico causato dalla famiglia della bambina, e quindi a non punire indiscriminatamente i discendenti. La piccola O-Tama, che non ha avuto alcuna parte nelle atrocità di Orochi, rappresenta simbolicamente la possibilità di un futuro migliore, senza le ombre del passato. Questo gesto di accoglienza da parte di Momonosuke e Hiyori dimostra un desiderio di ricostruire Wano senza perpetuare il ciclo di vendetta.
L’allenamento con Shinobu suggerisce che, pur portando sulle spalle il peso di un passato carico di errori, la nuova generazione si prepara a lottare non per ripetere gli sbagli già commessi, ma per costruire un futuro diverso.
In questo contesto, l’affetto verso la giovane guerriera e il suo allenamento diventano emblemi di speranza e di rinascita, non solo per lei, ma per l’intero paese dei samurai. Momonosuke e Hiyori non permettono che le ombre del passato inquinino il futuro, e la piccola Kurozumi, un tempo considerabile come una minaccia, è ormai percepita sotto una luce nuova.
Che meraviglia.
Ditemi se non è poetico.
C – Yamato mangia di gusto, e non per la prima volta in questa mini-avventura. Il messaggio arriva chiaro. La fame che ha afflitto il paese sotto la dittatura di Orochi si trasforma, ora che Wano è libera, in un atto di abbondanza e speranza. Come sottolineato da Luffy nel suo scontro con Kaido, la possibilità di mangiare senza paura è un diritto che dovrebbe appartenere a tutti, e il cibo diventa uno dei modi per esprimere la nuova libertà conquistata. Il fatto che Yamato venga frequentemente mostrata mentre si nutre felice sottolinea un aspetto fondamentale: il processo di integrazione nella nuova società che sta lentamente emergendo. Spezzare il pane insieme, infatti, non è un semplice piacere fisico, ma un vero e proprio atto di comunità, gesto che sancisce il legame reciproco. In One Piece, il cibo ha sempre rivestito il ruolo di simbolo per consolidare i legami tra i personaggi, diventando il catalizzatore di una fraternità che trascende le parole. La risposta di Luffy a Kaido, ‘Desidero un mondo in cui gli amici possano mangiare quanto vogliono’, si impone come uno dei momenti più simbolici dell’intero manga.
In quella frase si cela una verità profonda: la libertà autentica è quella che permette ad ogni individuo di vivere la propria esistenza senza paura, senza restrizioni, senza che alcun potere possa frapporsi al suo diritto di esistere come sceglie.
E chissà, forse a Elbaph assisteremo a qualcosa di simile.
Direi che è giunto il momento di dedicarci a un capitolo denso di informazioni.
Il titolo stesso, Le cose che ci fanno paura, rivela che non si tratta solo di un’emozione evanescente, ma di una forza viva: plasmabile, sfruttabile, capace di piegare volontà. Ricordate come il subdolo Saturn l’aveva adoperata contro Bonney?
Ma non oggi, il palcoscenico cambia volto.
Scendono in campo due simboli, uno dei pirati più potenti mai esistiti e la bambina che ha portato sulle esili spalle – eppure cariche di un’onere inimmaginabile – la memoria di Ohara e il sacrificio di chi per essa ha dato la vita.
Avete visto gli occhi di Robin?
Qui esplode il finimondo.
Signore e signori: capitolo 1147…
Alterigia in polifonia
‘Te lo ricordi
com’ero prima o no?
Quando tu eri tutto,
ora è diverso: il Natale per me non c’è più’– Il Grinch
Non chiedetemi la ragione, ma quando vedo Gunko, mi viene in mente il Grinch.
La scorsa settimana avevo avanzato l’ipotesi di un legame con la casata Nerona; oggi, però, da buon bastian contrario, mi spingo verso una teoria più remota e improbabile, che si fonda esclusivamente sull’ostinata volontà di Oda di mantenere il mistero: la possibilità che la guerriera sia un’orfana. A suggerirlo sono proprio i suoi gesti nel capitolo. Naturalmente, seguirà un’analisi approfondita del dialogo con Brook e del malore che l’ha colta subito dopo averlo colpito.
Ma andiamo per gradi.
Il primo punto all’ordine del giorno è la questione che tiene banco: i due si conoscono? La risposta non è immediata. Potrebbe essere accettabile, ma soltanto considerando alcuni elementi fondamentali. Primo tra tutti, il fatto che il pirata abbia vissuto due vite, se poi entrassimo nell’ambito dell’immortalità – tema che esplorerò più a fondo nel paragrafo successivo – è importante sottolineare una distinzione cruciale: invulnerabilità, vita eterna ed sempiterna giovinezza sono concetti distinti. Passando al cuore della questione, la connessione tra i due è la musica, come ci suggerisce quanto finora conosciamo. Ecco perché l’ipotesi più concreta rimane quella dei due anni di time skip, il periodo che coincide con la nascita e l’apice della carriera del Soul King. Di base, un collegamento esiste in maniera netta e rifinita, altrimenti Brook non avrebbe detto:
Mh, eppure, quella signorina… no, non può essere… Wah!!
Riferimento diretto a una chiara perplessità.
Devo quindi ipotizzare che, se i due si conoscono, ciò sia avvenuto solo di vista o in seguito a una breve e indiretta circostanza. Nessun nome viene mai pronunciato, né ascoltiamo domande come ‘Mi riconosci?’ o esclamazioni del tipo ‘Tu! Sei tu!’. Tuttavia, ci sono due aspetti significativi: Brook l’ha sicuramente notata, e lei…

…ehm, lo saluta?
Quante volte, tra film, serie, fumetti e altri media, abbiamo visto qualcuno portare la mano alla tesa del cappello in segno di omaggio? Esiste forse un legame più profondo, oltre quello musicale; per ora, tuttavia, consideriamolo soltanto un’ipotesi fra le tante.
Il secondo punto è la sconfitta dei Mugi, questione che ha acceso non poche polemiche. Ma possiamo dissolverle rapidamente: A. la ragazza possiede di per sé una forza formidabile, capace di abbattere giganti in pochi battiti e dotata di una formazione marziale d’élite, oltre a una preparazione mirata all’assassinio; B. impugna un frutto del diavolo talmente devastante che persino Loki – colui che riusciva a eludere bendato gli assalti del Gear di Luffy – ne ha prese così tante da entrare in modalità:
‘Quando Fantozzi vede San Pietro sulla traversa della porta…è segno che la tragedia sta finalmente per finire…‘
Se vi chiedeste perché trovo Gunko così misteriosa, la risposta sta nella sua ambiguità morale. Oda la utilizza per scolpire personaggi complessi, che non si limitano a ruoli ben definiti di ‘buono’ o ‘cattivo’. Il fatto che compia azioni contraddittorie ne arricchisce la personalità, rendendola più sfaccettata, umana e, soprattutto, meno prevedibile. Ed è proprio questa capacità di sfuggire a ogni definizione che la rende impossibile da afferrare completamente. Da un lato si lascia rapire dalla musica; dall’altro, combatte senza pietà. Un momento prima si perde nell’imbarazzo, un attimo dopo sprigiona ferocia brutale. Elementi che sembrano sgorgare da anime diverse, condannate a condividere lo stesso corpo.
Quindi? È buona? È cattiva?
Forse dipende da dove guardiamo.
Fin dai primi capitoli compare come antagonista di spicco: imposta i suoi piani con sicurezza glaciale e aggredisce senza esitazione chiunque intralci la missione.
Sul piano psicologico incarna appieno l’arroganza e la crudeltà tipiche dei nobili del Governo Mondiale. Le sue prime azioni mostrano una donna estremamente orgogliosa, spietata e votata al dovere. Quando il principe gigante rifiuta di unirsi ai Cavalieri Divini, lo tortura brutalmente con il suo potere fino a farlo svenire; e se qualche disperato (come le guardie del castello) solleva obiezioni, o non esegue subito un ordine, si infuria e può esplodere in scatti di violenza improvvisi.
Non è il tipo di personaggio ‘falso malvagio’, non al momento, servirebbe un’epifania per supporre qualcosa di simile.
Difatti mostra scarso scrupolo perfino verso i bambini: non si lascia turbare dal rapimento dei piccoli elbafiani, preferendo persino la loro soppressione a un fallimento della missione; si isola, ascolta musica, commenta i fatti con distacco.
Eppure non è crudeltà gratuita, semmai fredda indifferenza.
Le sue parole sono chiare:

In sintesi, è crudelmente pragmatica e non fa sconti. In tal senso, un fatto interessante è la sua eterocromia e il look giovanile, che simboleggiano (forse) la sua dualità interiore: metà persona di Mary Geoise (anaffettiva, sadica), metà persona del mondo (ragazza soul con passioni comuni, umane). Ciò che sorprende è come la guerriera, senza esserne pienamente consapevole, si lasci attrarre da una delle espressioni più pure della libertà: la musica. E non una qualsiasi, ma quella di un pirata.
È una contraddizione in termini, come se un bifolco razzista amasse il rap e la cultura hip-hop. In teoria, dovrebbe prendersi a calci da solo.
Qualcosa stona fin dall’inizio, il nome Gunko (グンコ) è piuttosto misterioso, soprattutto perché Oda a volte dà ai suoi personaggi titoli che hanno un doppio o triplo significato.
In giapponese: ‘Gun’ significa esercito o militare; ‘Ko’ significa bambina o figlia, ma spesso viene usato nei nomi femminili come suffisso affettuoso. Quindi Gunko può essere interpretato come “figlia dell’esercito” oppure “bambina della guerra“.
È un nome che suggerisce addestramento militare, disciplina, forza.
Rifletteteci, un’apparenza giovane e fragile, ma una ferocia assoluta in battaglia.
Mentre questo appellativo esprime l’essenza di un mezzo bellico, gli altri Cavalieri di Dio hanno nomi che evocano autorità, mitologia e potere:
- Shamrock: riferimento al trifoglio, si parla di fortuna e trinità, magari indicando forza e combattività. E… attenzione, simboleggia tradizionalmente fede, speranza e amore.
- Shepherd Sommers: “Pastore”, suggerendo guida e protezione, ma anche il legame con una famiglia legata ai Gorosei, indicando nobiltà. Qui, personalmente, ci vedo ironia, indica un personaggio che, pur avendo un nome che evoca protezione e guida, agisce con brutalità e autoritarismo. Nello specifico, è altisonante visto il suo luogo di nascita. L’aspetto e il comportamento stridono nettamente con il significato di ‘pastore’, il che evidenzia un termine figurativo essenziale: l’ipocrisia dei Nobili Mondiali.
- Killingham: riferimento alla creatura mitologica, indica poteri straordinari e un legame con il divino. Potrebbe essere una combinazione di ‘killing’ e altri suffissi generici. Particolarmente in tema con le sue recenti azioni: massacrare un Kiba ormai inerme; e la totale assenza di emozioni mentre guarda Anje piangere.
Mi conoscete, vero? Quando elaboro una teoria, la firmo senza paura. Ma quello che leggerete stavolta non è una bandiera: consideratelo un ragionamento libero.
Il nome della ragazza crea in me una suggestione precisa: più che nobile o divina, sembra evocare l’immagine di una bambina ‘forgiata’ o ‘addestrata’ per l’offensiva.
Non ha la solennità degli altri Cavalieri di Dio (come abbiamo appena visto), che portano con sé immagini di culto, autorità e leggenda.
Gunko, al netto del fatto che il sensei si è ben guardato dal rivelarne il cognome, appare invece spoglio, brutale: non evoca origini illustri né suggestioni mistiche, ma piuttosto un’infanzia segnata dal conflitto. Una nota stonata – forse voluta – rispetto al rango che le è stato attribuito. Mentre i commilitoni sembrano figli di tradizioni altolocate, lei reca addosso un’etichetta precisa: e qui, concedetemi una digressione personale, mi piace immaginare sia un’orfana strappata al nulla e forgiata come strumento del Governo.
Boni, calmi, non saltate a conclusioni affrettate.
So quanto suoni impossibile, poiché, come sappiamo da sempre: l’adozione di una persona di origine umile da parte di un Drago Celeste sarebbe in netto contrasto con la loro ideologia. Considerando la convinzione che solo i discendenti diretti delle venti famiglie reali meritino tale status, l’integrazione di un “plebeo” nella loro cerchia sarebbe vista come una minaccia all’ordine sociale che essi stessi hanno creato e perpetuato. Lo so perfettamente. Un’azione simile sarebbe percepita come una forma di contaminazione del sangue nobile, un atto che potrebbe indebolire la purezza e l’integrità della loro discendenza.
Parliamo pur sempre di fanatici.
Riflettendoci, inoltre, esiste un concetto ambivalente che al contempo avvalora e nega questa possibilità: A) il governo già da tempo trasforma gli orfani in assassini e spie, è la liturgia bellica del CP; B) tuttavia, si sono sempre guardati dal rendere uno di loro un nobile.
Ed è qui che entrano in scena Charloss e Sharlia. Forse le famiglie dei cavalieri sono molteplici, chissà; ma su una cosa possiamo essere certi: i Gorosei non si abbasserebbero mai a pescare dal popolino ottuso. Gli Astri non affiderebbero mai il loro disegno a figure tanto stolte, paraventi incapaci di scrutare oltre il velo del proprio privilegio. Senza contare che Sharlia ignora perfino l’esistenza del Secolo Vuoto, mentre la guerriera conosce perfino i dettagli storici.
I Tenryūbito base (almeno quelli giovani) non sanno un bel niente di niente.
Immaginiamo, allora, che in assenza di Cavalieri degni, o nel caso in cui una leva della CP – dotata di una volontà ferrea, come Gunko – si fosse rivelata persino superiore a uno di loro, si sarebbe aperto uno scenario diverso. Forse, per missioni tanto estreme da scoraggiare persino i più temerari dal rischiare l’eredità della propria stirpe, si sarebbe scelto di sacrificare qualcun altro?
Voilà: la ‘figlia della Guerra’ entra in scena.
Dopotutto, in caso sarebbe solo un’orfana.
Sommers e Killingham sono diversi, più simili tra loro, sfoggiano la spocchia di chi ha respirato il privilegio fin dal primo vagito: uno gioca con le vittime, l’altro si limita a guardarti dall’alto in basso. Non dubitano mai del loro diritto.
È Gunko, semmai, a ripetere come un mantra le parole “noi siamo Dei”, quasi a voler convincere sé stessa più che gli altri.
Lo ripeto: anche se il ragionamento appare solido, stavolta mi sono lasciato guidare dalla fantasia. Sapete… è quella fitta, quel dolore improvviso dopo il colpo a Brook, ad avermi spinto a cercare un senso più profondo tra le righe.

Che cosa stiamo guardando, davvero?
Come accennato nella frase di apertura, potremmo trovarci di fronte al primo vero limite del potere di rigenerazione. Mettiamo la questione in termini pratici: chi è presente fin dall’inizio della saga, apre portali a ripetizione — tuttora attivi, come quello nel castello — e continua a usare il proprio potere senza risparmiarsi, combattendo, plasmando creature per volare e muoversi, guidando intere schiere di bambini giganti? Ovviamente, la nostra beniamina. Quanto può risultare deleterio un doppio utilizzo di poteri? Difficile dirlo. O meglio: sono certo che qualcuno di voi starà pensando “beh, nulla, gli utilizzatori se ne servono senza problemi”, ed è corretto. Ma non se parliamo di una capacità di questo livello. Perché no? Abbiamo anche riscontro diretto in Luffy, ogni volta che spinge oltre la sua forma Nika, invecchia bruscamente e rischia di lasciarci la pelle.
Potrebbe essere lo stesso per lei come per il capitano, e, a ben vedere, si è recentemente rigenerata. Precisamente in questo momento, mi è sorto il dubbio.
Proprio non riuscivo a decifrarla. L’afflizione che le esplode nel petto subito dopo aver colpito Brook, non è certo un caso. Quindi sono andato a visionare le vignette precedenti, quelle in cui ascolta la musica del Soul King, concentrandomi sull’espressione del suo viso. E all’improvviso ho capito cosa mi comunicava, ossia, il sintomo di una tempesta emotiva che lei stessa non sa come gestire.
In qualunque scenario, anche se si rivelasse una purosangue tra i draghi – e tra le più illustri – quella rimane una fitta di dolore, e il sensei è tanto furbo da disegnarla in corrispondenza del cuore. Che volpe. Ne risulta una scena complessa, e senza informazioni certe, non resta che affidarsi all’intuito.
Quando ordina a Brook di rinnegare Luffy e diventare il suo musicista personale, il gesto non è soltanto un atto di supremazia: sembra l’estrema deformazione di un sentimento più intimo, una fame di bellezza che il potere non riesce a colmare.
Gunko ama la musica di Brook, la fa vibrare, e proprio per questo il suo comando risuona come una confessione rovesciata; nella brutalità della sua richiesta si cela un bisogno di emozione che il suo mondo, intriso di obbedienza e crudeltà, ha estirpato da tempo?
Quando il pirata rifiuta, scegliendo la morte piuttosto che una vita senza onore (vecchio cuore assoluto), lei non resta impassibile. L’atto di colpire non è solo violenza: è anche una ferita inferta a se stessa. Come ci sentiremmo, nel fare del male a ciò che ci sta più a cuore? Pensateci. Quale che sia il suo ruolo, appartenenza e origine, in ogni modo reclama con brutalità ciò che non sa domandare con dolcezza: cresciuta nella violenza, ha imparato a parlare solo con essa. Nulla le è stato insegnato, tranne il linguaggio dell’aggressione, la sua unica forma di comunicazione.
Ciononostante, sa anche rivelare lati umani inaspettati.
Non sembra una tipica celeste apatica: ha reazioni ‘normali’ come imbarazzarsi quando Sommers si presenta svestito. Ama il buon cibo (si eccita quando assaggia pietanze deliziose) e soprattutto ha (appunto) una vera passione per la musica di Brook: bella contraddizione – un’eroina crudele ma con gusto per l’arte.
Ma non dimentichiamo il contesto sociale di provenienza: per Sommers, l’arte è far soffrire. Non c’è spazio per la purezza in una melodia, né per l’innocenza in una canzone.
Tornando al Soul King, la ferma risposta del musicista potrebbe aver avuto un impatto emotivo sulla ragazza, forse facendole rivivere una scelta simile fatta in passato. C’è qualcosa di tragicamente intimo nell’ordine che Gunko impartisce a Brook, eppure penso che non lo odii. Semmai credo lo ami, a suo modo: ama la sua musica, quella promessa remota di libertà che l’educazione al dominio le ha insegnato a temere più della morte.
E, se così fosse… il rifiuto di Brook non la umilia soltanto di fronte agli altri.
La priva della consolazione segreta a cui forse nemmeno sapeva di aggrapparsi.
Immortalità ≠ giovinezza
‘Non sono i libri ciò di cui hai bisogno, ma di alcune cose che una volta erano nei libri…”
— Fahrenheit 451, 1966
Tempo di distinzioni, si prosegue con l’analisi della famigerata immortalità.
Nel precedente articolo scrivevo:
‘Un chiarimento su Gunko giungerà solo se scopriremo che anche gli altri cavalieri possiedono la stessa abilità. In tal caso, sarebbe la prova che Imu estende quel dono a chi gode della sua benevolenza.’
Facciamo il quadro completo: solo due personaggi riconoscono la figura storica dei Cavalieri Divini, Brook e Saul. Entrambi hanno vissuto abbastanza a lungo da toccare epoche diverse, ma non è questione di longevità. Gli altri Mugi sembrano non averne mai sentito parlare.
Il frangente potrebbe essere spiegato con semplicità.
Solo in rare eccezioni, in pochi tra Tenryūbito – spinti da capricci o necessità – si avventurano oltre il recinto dorato di Mary Geoise. Contrasto che emerge chiaramente nei pensieri di Saturn appena arrivato a Egghead, che si mise a riflette sul lungo tempo trascorso dall’ultima volta che aveva toccato la terraferma. Quanti anni erano passati?
Detto questo, il punto nevralgico torna a essere il potere in sé:
Saul (Ricordo): Quelli sono invulnerabili…!! Non possiamo vincere!!
Il termine più adatto, e più fedele all’originale giapponese, è invulnerabili: non eterni, bensì invincibili. Occorre quindi mettere un punto fermo.
Finora abbiamo dato per assodato che Il Marchio sia un potere esclusivo di Imu, e vale la pena proseguire su questa pista; ipotizzare capacità diverse (per esempio la sola eterna giovinezza) sarebbe fuorviante. Nel libro consultato da Ivankov si parla chiaramente di immortalità, e il pirata fa cenno a “un certo frutto”, alludendo senza troppi veli all’Ope Ope di Law. Tuttavia, alla luce delle contraddizioni che affiorano si impone una domanda: e se i poteri in gioco fossero in realtà due?
Mi spiego meglio.
C’è una grande differenza tra chi possiede un simile dono e chi, invece, è in grado di estenderlo ad altri. Dato il presupposto, sussiste una terza, inattesa, faccia della medaglia: un individuo reso immortale dall’Ope Ope, ma che ancor prima, deteneva il potere di conferire l’invincibilità a chiunque avesse voluto.
Sono due punti distinti:
A. assimilare il potere mangiando il frutto
B. ricevere l’effetto del potere di un frutto
Dite la verità, ci avevate mai pensato?
E c’è di più. Molto di più.
Perché parlo di un doppio potere? O quantomeno, perché suggerisco che i conti non tornano? La ragione è semplice: Saturn e Garling. Già la settimana scorsa, osservavo che…
‘… Forse è proprio questo il motivo per cui Imu sta estendendo i suoi poteri ai Cavalieri di Dio — sempre che lo stia davvero facendo. Vi spiego perché ritengo plausibile questa ipotesi: God Valley risale a quarant’anni fa. All’epoca Garling era chiaramente giovane. Se oggi è diventato immortale, significa che qualcosa è cambiato di recente: parliamo del passaggio al ruolo di Gorosei. Perché, nel frattempo continuava a invecchiare. Qual è la conseguenza più logica? Semplice. Primo: quei poteri non erano mai stati estesi ai cavalieri. Secondo: a Imu serviva Nika. Solo dopo averne confermato il risveglio, testato il Mother Flame e constatato il tradimento di Saturn…
Cristallino, non vi pare? Se, fin da God Valley, il buon Figarland fosse divenuto capo dei Cavalieri ma, de facto, continuò a invecchiare, come può Saul attribuire la stessa capacità? Non avrebbe alcun senso, a meno che non si tratti di due facoltà distinte, conferite in tempi diversi. Il gigante, ex viceammiraglio, conosce bene ciò di cui parla, aveva accesso diretto alle informazioni riservate. Ebbene, forse è ora di dare una nuova forma a tutta la faccenda. In quanto braccio armato degli Astri, i Cavalieri sarebbero fisicamente invincibili, ma non immortali.
La vera immortalità si raggiunge solo ascendendo al rango di Gorosei.
Volete delle prove plausibili? Seguitemi…

Saturn nascose Emeth almeno 200 anni fa, ma nel suo epilogo, riprende a invecchiare bruscamente quando l’eminenza grigia interrompe l’abilità che lo rende immune al passare dei secoli.
Per inciso, lo pensavo già mesi orsono:
‘Sì, certo, Imu collega l’inadempienza di 200 anni fa al fallimento di Egghead; ed effettivamente, c’è un’esplosione finale. Ma in realtà sembra che stia defluendo dal corpo di Saturn… qualcosa di più profondo. Oltre a osservare gli anni scivolare via dal suo volto, Saturn non brucia né esplode. Potrete notare che una sorta di miasma si solleva anche dal terreno; non è chiaramente visibile, ma sembra che il tutto avvenga all’interno di un pentacolo. Capite cosa sta accadendo? Saturn viene distrutto dal peso dei secoli accumulati in modo innaturale, ma soprattutto…
Annullando semplicemente il contratto, quello che defluisce dal suo corpo è il potere di Imu stesso.
– analisi capitolo 1125
Ecco il chiarimento dietro il mistero, Garling invecchiava mentre Saturn rimaneva identico: il cerchio degli eletti non ammette altro che cinque prescelti.
Un Pentacolo.
Gradireste un’altra differenza tangibile?
Avrete notato che i pentacoli degli Astri sono numerati, personalizzati.
Quelli dei cavalieri, no.
Sono gerarchie di potere diverse.
Nessun capitolo ormai è mera amministrazione.
Una semplice frase (come quella di Saul) con il senno di poi, ti fa vedere le cose sotto una nuova luce. Ed è del tutto naturale che nessuno abbia pensato a ipotesi simili, perché riflettere su due poteri tanto confondibili, e distribuiti in modo così diverso, è uno dei trucchi più raffinati di un bravo scrittore: ossia depistare il pubblico.
Ecco il vostro appuntamento imperdibile: stasera, la Fatal. Il doppaggio live che trasforma il testo tradotto e adattato in una vera e propria esperienza. Un po’ di idee, un po’ di sarcasmo, e tanta ironia alla Bike. Vi aspettiamo!
https://m.twitch.tv/bikeandraft?desktop-redirect=true
Tornando a noi, eccoci a Kaido, sì, avete letto bene, Kaido-boy.
Perché mai i commilitoni di Gunko…
Kiringham (Lumacofono): Non dire scemenze, Sommers. Volete forse far arrabbiare Luffy “Cappello di Paglia”?!
Sommers: Ehi, Gunko, lascialo stare!!! Anche io non ho nessuna voglia di combattere contro un Imperatore!!
… preferiscono evitare Luffy?
Devo essere onesto con voi, considerando il temperamento, è senza dubbio plausibile che vogliano evitare ogni tipo di scocciatura. Tuttavia non sarei così sicuro di questa ipotesi, soprattutto se la scala gerarchica di cui vi parlavo in precedenza si dovesse rivelare ben interpretata. Se ci soffermiamo un istante, in particolar modo da Wano, sta prendendo piede un concetto presentato dai tempi di Rayleigh, ma che inizia a definire la narrativa: parliamo dell’haki come nemico naturale dei frutti del diavolo.
Law, ad esempio, disse a Kid che nessuna delle sue tecniche avrebbe potuto funzionare contro il Dragone o Lin Lin. Sempre lui, successivamente, è in grado di spezzare il potere di Doc-Q grazie all’ambizione.
Forse ci sfugge che i pirati che raggiunsero la vetta del mondo furono, in gran parte, privi di frutti. Parliamo della lezione, semplice e lapalissiana, impartita dal guerriero più forte che il mondo abbia mai visto:

Se consideriamo che il capitano non è riuscito a scalfire gli Astri (anche nella forma Nika), sorgono però altri dubbi. Che di fatto non cambiano la sostanza, anzi, rafforzano il concetto, poiché anche in quel caso c’è stato un potere, un unico potere, capace di ridurre Imu a un bambino tremante…

… ovvero l’haki di Joy Boy.
Considerando tutti questi elementi, di base, è assolutamente possibile che si proceda comunque in un’altra direzione. Ciò non toglie che l’ambizione rimane la prima arma in grado di annientare l’effetto di un frutto, senza ombra di dubbi.
Prendete in considerazione le reazioni di Shepherd e Kiringham: è altamente plausibile che siano consapevoli del fatto che un soggetto di calibro, magari particolarmente infuriato, possa annullare l’invulnerabilità su cui fanno tanto affidamento.
E, se ragioniamo in termini di pura logica, questo potere deve avere un limite.
Aggiungiamo un dettaglio chiave, dopo l’esplosione di ambizione di Joy Boy, i pentacoli si sono chiusi, riportando a Mary Geoise tutti i Gorosei confusi e frastornati, vero?
Per il resto, la richiesta di Sommers è mirata, e non solo per divertimento:
‘ I libri erano solo un tipo di contenitore in cui conservavamo molte cose che temevamo di dimenticare. Non c’è nulla di magico in loro. La magia sta solo in ciò che i libri raccontano, nel modo in cui hanno cucito insieme i pezzi dell’universo in un unico abito per noi.’
– Fahrenheit 451
Shepherd vuole piegare la volontà dei giganti.
In un mondo in cui i libri bruciano e con essi la memoria, il governo disegna il ritratto di una civiltà che si spegne dall’interno, sacrificando il libero pensiero sull’altare di un equilibrio solo apparente.
È bastato? Sì, finora.
Atti simili, replicati per novecento anni, hanno eroso silenziosamente ogni traccia di coscienza critica. Dove la parola scritta viene manipolata o cancellata, non si spegne soltanto la cultura: si estingue la capacità stessa di sentire, di dubitare, e quindi di trasmetterla alle generazioni future.
In quelle pagine risuona un appello: ricordare, custodire, disobbedire, prima che il tepore anestetizzante dell’obbedienza renda i vichinghi complici della propria fine. L’intento del cavaliere non è soltanto distruggere il passato, ma annientare la capacità stessa di sperare. La vera tragedia non è il fuoco che consuma i libri, bensì la fiamma che brucia la coscienza.
Il rischio è accettare passivamente un’esistenza svuotata di senso, il terreno ideale per trasformare i giganti in soldati docili. Il rifiuto di Gaban e Robin fa magistralmente da eco quindi: non una reazione d’impulso, ma un atto consapevole, una rivendicazione di ciò che è essenziale alla sopravvivenza — la facoltà di scegliere, per opporsi e rifiutare il ruolo di spettatore in una tragedia inscenata dai cavalieri, per gioco.
Eppure, non posso che sorridere.
Gaban ha distrutto una montagna, spazzando via una ciurma rivale per fare da scudo a Roger. Robin si è trasfigurata in un demonio pur di proteggere un amico.
Stavolta hanno scelto le persone sbagliate.
Come sempre, vi lascio il link al video del Re. Esiste un filo rosso che unisce le tre incarnazioni del potere: Gunko, Sommers e Kiringham? Vi invito a scoprirlo attraverso mezz’ora di argomentazioni serrate: un vero must!
E se foste interessati ad altre analisi su vari
manga, vi invito a visitare il mio canale…
https://www.youtube.com/@Cenere_SG
Non mi inchinerò
Spero di avervi intrattenuti, spinti a ragionare e riflettere.
Per la chiusa ho scelto un titolo che rispecchia perfettamente l’essenza di Robin, Gaban e dell’incredibile Brook in questo capitolo. Tre cuori indifferenti alle minacce del governo.
Così Gunko diventa ciò che è stata educata a essere: il simulacro vivente di un sistema che, incapace di generare bellezza, tenta di soffocarla sotto il proprio peso. Il suo furore non è odio, ma fame di ciò che il potere non può fabbricare né comprare: l’anima intatta di un uomo che, persino sotto minaccia, canta la propria irriducibile libertà.
In quell’istante, fidatevi, Gunko è più prigioniera che padrona.
Mentre Brook, con la sua stessa esistenza, le ricorda che nessun impero, nessun Dio, può costringere un cuore a smettere di battere.
Godiamoci il viaggio, genti
‘I will not bow
I will not break
I will shut the world away’– Breaking Benjamin, I Will Not Bow
Cenere