‘Undo these chains, my friend. I’ll show you the rage I’ve hidden‘
– Slipknot, The devil in I
Al Bianconiglio Shonen piace cambiare registro. In poco tempo, Loki è passato da cantore apocalittico a tsundere dai toni apparentemente leggeri e quasi disimpegnati. Prima aggressivo e comico, poi personaggio ricco di spunti critici, disegnato a punta secca con un chiaroscuro così oltraggiosamente cattivo da diventare… potenzialmente buono?
‘One Piece è finito, buuu, anche questo capitolo non spiega la rigenerazione’ Ah, quanto vorrei poter rispondere come Martellone in Boris.
Riflettete un istante. Dal potere di Mu, svelatosi come un cabalistico schema di Reversi (gioco nato nell’Inghilterra vittoriana e solo in seguito riletto dal Giappone come Othello), fino all’assurda fisionomia di Kiringham che ricorda inquietantemente Hody Jones: un uomo-pesce di tipo squalo, davvero? Possibile che un “inferiore” si muova tra la Crème de la crème di Mary Geoise? Potrebbe non essere affatto, certamente, ma visto il lavaggio del cervello fatto a Gunko… si amplierebbero ventagli di possibilità. Nel frattempo, l’accusa ormai palese lanciata da Imu contro Harald squarcia il velo del non-detto, mentre si fa interessante l’ipotesi di un potenziale haki per Chopper (siamo onesti, è ben più probabile un upgrade della “Voce che ode tutte le cose” per Luffy) e, naturalmente, la spassosissima battuta di Gaban che suggella in modo definitivo il legame con Sanji. Fino alla ciliegina. Mosa. L’epicentro di un silenzio che pesa come un anatema. Sì, anch’io voglio arrivare al cuore del mistero. Ma prima voglio assaporare ogni istante. Iniziamo? Magnifico.
E’ il momento dell’Elzeviro…
Sotto la superficie
Voglio trovare un senso a questa storia… Anche se questa storia un senso non ce l’haaa…
Ooops, scusate! Stavo canticchiando Vasco, come? Se mi riferivo alla mini-avventura? Ma no, ma no (pffffffffffffffffffffffffffffffff). Tornando seri, Yamato ora pratica il sumo, ma non esiste alcun episodio nella vita di Oden che lo leghi in modo concreto a tale disciplina. L’unico richiamo è puramente estetico: nell’abbigliamento porta un’obi (la fascia alla vita) che ricorda la “tsuna” di tali lottatori, ma si tratta di un dettaglio di stile volto a sottolineare la sua forte impronta giapponese, non di un’indicazione di un passato agonistico nella disciplina. E fin qui, ci siamo.
Per il sensei è tutto un gioco, e funziona. Tipo inserire dettagli di trama in un capitolo apparentemente transitivo.
Semmai, il collegamento più naturale è proprio con la storia di Luffy, che nei pressi della capitale si cimentò in un incontro di sumo. Nella mini-avventura attuale ci imbattiamo nel fratello di Urashima, uno yokozuna — titolo che spetta solo ai vertici assoluti di questa forma di lotta — la cui fortuna pare inversamente proporzionale alla stazza. Fu prima ridicolizzato da Zoro, poi messo a tacere da Kiku, infine asfaltato da Luffy con la solita, disarmante nonchalance. Non si intravedono margini per vendette o rivalse; perché, come possiamo vedere:
Urashima è ricomparso nella capitale, ha apparentemente del tutto rimosso le sue passate figure meschine. Il testimone del cappello, per così dire, è ormai tornato a Kawamatsu, mentre Yamato, con un sorriso largo come una tavoletta d’ukiyo-e, spedisce l’avversario fuori dal ring e lo saluta quasi con un ciao infantile. Si presume che quel povero yokozuna debba prenotare una seduta da un buon neurologo. Queste vignette in sostanza vanno prese per ciò che sono: fugaci scorci di un’avventura costruita sull’ironia e la leggerezza. Visto il doppio binario interpretativo, l’asse Oden-Luffy, può evolvere in qualunque dinamica:
Nuovi legami si potrebbero intrecciare con figure vecchie e presenze appena accennate nell’arco di Wano. Come i foderi, o Who’s
Si intravedono segreti sepolti nel passato, fratture che chiedono di essere ricomposte. Ringo — con la sua storia muta e i suoi echi di sangue — sarebbe un punto perfetto da cui far riaffiorare ciò che è stato.
O magari… si potrebbe tornare a un innesto nella trama orizzontale, come accadde tempo fa, quando la community accolse l’intreccio con un entusiasmo corale. Le possibilità qui sono sterminate. Oden, per esempio, a un certo punto salpò per la seconda volta. E, piaccia o meno, Yamato oggi è una mugi a tutti gli effetti. Certo, da qui le strade si biforcano, ed è una questione di scrittura. Ma sarebbe narrativamente poetico restituire a Yamato la possibilità di ripagare chi le strappò dai polsi, non tanto le catene visibili, ma quelle invisibili, più profonde: quelle mentali. Immaginarla prendere il mare, richiamata dalle difficoltà della ciurma, potrebbe far storcere il naso a qualcuno. ‘Ma come? Non era la lupa protettrice di Wano?‘ Giusto. Legittimo. Impeccabile. Eppure… Anche Oden, tornando con Toki malata, vide il fumo salire. Vide la rovina. E decise comunque di proseguire, di onorare la via che il destino gli chiedeva di adempire. Solo dopo fece ritorno per regolare i conti. In entrambi i casi si parla della stessa cosa. Di fedeltà. Cosa accadrà? Difficile prevederlo. Al massimo mi auguro che la sorpresa non tradisca le aspettative. Anzi: che le superi.
In quest’ottica direi di iniziare questa nuova analisi. Chi segue con attenzione sa leggere sotto la superficie. Il gioco del 1151 funziona proprio perché rompe il binario prevedibile — e se qualcuno inciampa nel suono della parola apparenza… si ferma, riflette, e cade nel tranello narrativo. Missione compiuta. Suvvia, di cosa parlerà mai codesto capitolo? Quisquilie, scava solo nel senso di colpa, nella pulsione di vendetta e nell’idea che dietro il velo delle cose ordinarie possa celarsi un disegno apocalittico.
Signore e signori: capitolo 1151…
Pedine in silkscreen
‘When you play the game of thrones, you win or you die.’
– Cersei Lannister, Game of Thrones
Prima i Lego, ora il Reversi. Rimando in tema, aspettiamoci il Risiko in versione Ragnarǫk. La natura del potere di Imu (Mu per gli amici, quindi… per nessuno in realtà) è spiegata sia in parte tramite il gioco appena citato sia tramite l’Othello: Il primo fu inventato nel 1883 da due inglesi, Lewis Waterman e John W. Mollett, venne inizialmente pubblicato in Inghilterra, e si diffuse in Europa nel tardo XIX secolo. Successivamente, negli anni ’70, l’imprenditore giapponese Goro Hasegawa reinventò il gioco con regole leggermente standardizzate e lo commercializzò sotto il nome Othello, ispirandosi al dramma shakespeariano.
Come possiamo osservare, il concetto è tanto semplice quanto efficace…
Esistono disparità marcate, tra la versione inglese e quella giapponese? La risposta è ancora più semplice, sono molto simili e spesso usati come sinonimi (a livello nominale), eppure ci sono alcune differenze tecniche, sottili ma importanti, che li distinguono. Non sono un esperto, affatto, ma ho raccolto qualche informazione:
Norme base
Reversi (1883, Inghilterra)
Othello (1971, Giappone)
Setup iniziale
Ogni giocatore può scegliere liberamente il piazzamento delle prime 4 pedine centrali.
La disposizione iniziale è fissa: due bianche e due nere al centro, in diagonale.
Colore del primo turno
Il colore che inizia può variare, a discrezione dei giocatori.
Il nero inizia sempre.
Regole di piazzamento
Un giocatore può passare volontariamente il turno anche se ha mosse disponibili.
Un giocatore deve giocare se ha mosse disponibili. Passa solo se non può.
Codificazione
Non esistono regole universali o ufficiali: il gioco ha avuto diverse varianti.
Regole standardizzate ufficialmente dalla Japan Othello Association.
La buona strategia, a detta di chi sa giocare, è di non strafare nei piazzamenti iniziali.
In breve. Le versioni antiche di Reversi permettono più libertà nel setup e nella strategia iniziale. Le regole di Othello sono più rigide, standard e moderne. Una scelta mica da niente.
Esiste un metodo per annullare la tecnica o, almeno, invertire il processo? Per logica… si. Ma bisogna conoscere le regole, ecco l’inghippo. Partiamo da un presupposto: Dorry e Brogy risultano più temibili non per meriti “meccanici” della capacità, ma per la loro straordinaria forza intrinseca come individui. Mi spiego meglio. Nel gioco Reversi/Othello, tutti i pezzi sono identici, non esiste alcuna gerarchia tra pedine, nessuna è più “forte” di un’altra. La forza sta nella posizione strategica, non nella natura del pezzo.
Nel caso specifico: pur essendo fra i più forti dell’isola di Elbaf, non devono la loro maggiore potenza a un “rango” speciale all’interno del perimetro, bensì al loro naturale vigore fisico e alla lunga esperienza in battaglia. Imu ha scelto con due criteri: A. nell’immaginario collettivo, i due giganti sono gli eredi naturali di Yarl, in termini di rispetto e credibilità; B. la loro massa e potenza svettava già tra gli altri guerrieri e, ora che sono demoni, riescono con estrema facilità a posizionarsi fra i loro ex compagni, senza che questi ultimi abbiano tempo o modo di reagire.
Immaginate una partita di scacchi tradizionale, ma in cui gli alfieri si muovono all’unisono. In questo gioco Mu manovra il nero e per bilanciare servirebbe qualcuno che manovri il bianco. Tutto si complica però nella dicotomia tra bene e male: viene naturale pensare a Nika come contropartita, ma non è scritto da nessuna parte. In che modo potrebbe conquistare un potere non suo, tale da eleggere due alfieri come i due capitani? Esiste una norma che autorizzi il Re della Terra Sacra a conferire al proprio avversario una simile possibilità? In universi come Hunter x Hunter le regole e i contratti reciproci (soprattutto quelli personali, vincolanti) garantiscono regole che obbligano lo stesso utilizzatore del potere, in One Piece invece scorre a senso unico e non ammette contrappesi, rendendo questo mistero ancora più fitto.
Il potere in questo universo fantasy è (quasi sempre) unidirezionale. Nella grande maggioranza dei casi, le capacità dei Frutti del Diavolo agiscono unilateralmente, senza il bisogno di consenso o reciprocità. Se Crocodile ti tocca e ti disidrata, non ti viene chiesto di “accettare”. Se Sugar ti tocca, diventi un giocattolo e nessuno si ricorda più chi sei — fine della storia.
Esempi pratici 1. Horo Horo no Mi (Frutto degli Spettri) – Perona I fantasmi di Perona ti rendono incredibilmente pessimista e arrendevole, ma non funzionano se sei già estremamente negativo (come Usopp). Non è consenso, ma c’è una forma di “resistenza caratteriale” al potere.
2. Hobi Hobi no Mi – Sugar Ti trasforma in giocattolo con un tocco, e impone un contratto implicito. Tuttavia, anche qui non c’è accettazione. È magia unilaterale e oppressiva, simile a un contratto-capestro: entri, e non puoi uscire.
Doru Doru no Mi – Mr. 3 (Cera) Quando crea trappole o serrature, gli avversari restano bloccati… ma in molti casi riescono a liberarsi con forza di volontà o calore. Qui il potere ha limiti fisici, non morali.
Nondimeno ci sono due casi straordinari dove le “regole” diventano parte del processo stesso. Quello di Luffy: Nika e la metafisica della fantasia. L’Hito Hito no Mi impone una “realtà immaginata” senza chiedere nulla. È un riflesso mitico, anarchico, che agisce sulla realtà fisica e simbolica. Non ha bisogno di essere capito, accettato, né contrastato logicamente: è pura espressione della volontà di libertà.
Ora invece esiste un potere basato sul “gioco a due”: Il Domi Reversi. Sembra avere regole implicite, come in un gioco da tavolo, ma solo se seguissimo la logica: Servirebbe che due estremi siano presenti. Chi sta “in mezzo” viene rovesciato. È logica geometrica, quasi rituale, non un attacco diretto. In questo caso, si intravede per la prima volta una capacità che funziona solo se le “condizioni del gioco” sono soddisfatte.
Onestamente, non riesco a immaginare un fanatico come Imu disposto a cedere il controllo delle proprie forze a qualcun altro e “giocare” una partita. Con il sensei come sceneggiatore tutto è possibile, certo; sarebbe però una farsa colossale, appunto alla Oda, ridurre Elbaph a una semplice scacchiera in bilico tra luce e ombra. Eppure, al momento quel potere resta la manifestazione di un frutto, o forse l’applicazione tangibile di un’antica tecnologia, o addirittura pura magia. Luffy però non è certo un mago. Ad ogni modo, affronteremo come annullare il Domi Reversi nel paragrafo dedicato, ma vi anticipo qualcosa fin d’ora. Invece di una scacchiera, non dovrebbe entrare in azione proprio la metafisica di cui sopra? Il potere della risata, della liberazione. Luffy può anche essere un ‘coatto da paura’, ma con o senza Nika incarna l’essenza stessa della libertà, il politically scorret come categoria dello spirito. A quelli che benpensano, invece, chiediamo cortesemente di astenersi.
Gō Nagai
‘No, ti sbagli. Non sei un demone. Noi siamo devilman. Possediamo la forza dei demoni… ma abbiamo un cuore umano.‘ – Go Nagai, Devilman
Seppur retorica e prevedibile, la saga di Egghead aveva uno scopo preciso, spianare la strada al seducente clima di vuoto morale che stiamo provando a Elbaph. Stride nettamente con il retaggio di onore nordico, vero? Infatti parlo dell’ingresso in campo di Mu. Non è più questione di coraggio norreno oppure orgoglio vichingo, viviamo un mondo in cui le identità sono figure serigrafate nella strategia fredda di un essere spietato, l’erede della casata Nerona.
Metto per un istante da parte il rigore del recensore, e ve lo dico chiaramente…
… non mi sentivo così da quando Artax affondò nelle Paludi della Tristezza.
I giganti hanno ribaltato la propria natura, ma come fai a comportarti da malvagio, se quell’istinto non è già presente in te? Intendiamoci, questo qui non è Brogi, bensì…
… il buio che esiste in ogni singolo essere umano. E cosa ci rende umani, esattamente? La volontà di arginare le pulsioni più oscure, persino nell’animo più predisposto alla negatività, germoglia un terreno al crocevia tra coscienza riflessiva e responsabilità morale. Imu ha ribaltato quel che ognuno di noi impara a conoscere fin dalla nascita, il proprio giudice interiore, lo sguardo introspettivo che ha interiorizzato norme, regole e interazioni etiche. Volete una prova più tangibile?
E… attenzione, il prossimo passo non vi piacerà. Imu ha espressamente ordinato a Brogi:
Ascolta bene, Brogy… ora andrai da Jarl “Barbamontagna”. Lo decapiterai. Alzerai la sua testa al cielo. E proclamerai davanti al popolo: “Noi siamo i re di Elbaph
Non gli è mai stato detto di insultarlo o denigrarlo. Come osserviamo con Thorman, quella ebbrezza dei fondali nasce dalla completa perdita di ogni inibizione: il benvenuto agli istinti preistorici di chi vorrebbe dominare l’altro, a sfavore di una libertà più evoluta, plasmata dall’eco delle nostre aspirazioni più nobili. Qui parlo realmente della voce della coscienza, non di un’entità astratta. Civilmente e con benevolenza, Brogi probabilmente pensa sul serio certe cose di Jarl: fermi, buoni, abbassate torce e forconi. Stiamo parlando di un personaggio meraviglioso e intrinsecamente buono. Lo immagina in modo trasversale, magari come estremamente anziano o convinto che Elbaph abbia bisogno di un nuovo Re. Pensieri innocui. Per rendere il concetto più concreto: avete mai visto qualcuno a cui volete bene, bere troppo e trasformarsi in una persona sgradevole, persino aggressiva? È proprio quell’ebbrezza in cui l’individuo perde il controllo sui propri impulsi più primitivi, la totale perdita di ogni freno inibitore.
Eppure, quando svanisce, quella persona torna a essere quella di sempre, si scusa con intensità genuina. Da sobrio non l’avrebbe mai fatto, ne avete la certezza. Tuttavia, resta in noi il dubbio che quei sentimenti fossero autentici, semplicemente celati dalla coscienza, pronti a farsi strada solo quando i freni sono caduti.
Il concetto è semplice: tirare fuori il peggio di sé, contro la propria volontà.
La seguente scena mi ha fatto venire in mente un parallelo…
Non servono nemmeno gli Dei. Gli stessi per i quali in oltre un secolo Dorry e Brogy hanno reso manifesto il senso del proprio onore. Ricordate come Imu ha identificato i demoni, non come esseri, ma come forma di vita?
…una forza che trascende ogni norma. Sotto il dominio di Colui Che È, né il buonsenso né la ragione potranno più trattenere il designato. Il demone è la forma autentica che la vita dovrebbe avere.
Qui ho avuto una folgorazione, se Oda ha tratto ispirazione da qualche fonte, non è certo da Hunter x Hunter — né per il nome di Chrollo Lucilfer, né per la sua capacità di estrarre poteri da un libro — e neppure da Black Clover. Esiste infatti un solo illuminato fuoriclasse che ha raccontato i demoni con questa profondità: Go Nagai sensei.
Vediamo tutto in parallelo, pronti?
Attraverso Devilman, Nagai esprimeva una critica alla società giapponese del suo tempo, evidenziando le contraddizioni di un mondo apparentemente ordinato ma minato da un’ipocrisia strutturale. La brutalità non è mai un semplice effetto di stile: ma uno strappo narrativo che smaschera la violenza celata dietro la cortina dell’educazione, della religione, del progresso. Akira, nella sua duplicità, incarna il paradosso dell’innocenza che diventa carnefice, non per volontà, ma per necessità — come se la purezza, per sopravvivere, fosse costretta a contaminarsi. Imu, in principio, fu vittima o carnefice? E qui mi direte, eh no, Mu è Satana, non Akira. Sicuri? Sicuri, sicuri? Procediamo…
In Devilman, Nagai rappresenta i demoni non come entità malvagie secondo la tradizione cristiana, ma come forme di vita primordiali, antecedenti all’umanità. Questi esseri, emersi da un’epoca antica, incarnano le pulsioni e gli istinti più profondi dell’essere umano, simboleggiando l’oscurità interiore e le forze incontrollabili dell’inconscio. L’autore si ispirava a elementi della mitologia cristiana, come la figura di Satana, ma li rielabora in chiave personale. In Devilman, Satana non è il male assoluto, ma un personaggio complesso, capace di sentimenti umani e di pentimento. Questa reinterpretazione riflette la visione del mangaka di un mondo in cui bene e male non sono categorie assolute, ma coesistono e si intrecciano all’interno di ogni individuo.
Vi ricorda qualcuno? Qualcuno tipo… un gigante che ha spezzato il cuore a un certo cecchino?
In entrambi i manga, ora come ora, i demoni rappresentano le forze primordiali e istintive dell’essere umano, piuttosto che entità malvagie nel senso tradizionale cristiano. O meglio ancora, nel senso puramente classico. E’ piuttosto riduttivo dire ‘Oda copia, copia e basta’. Un conto è essere ispirati: tutt’altro essere derivativi. In quanto sarebbe il più bell’omaggio mai fatto dal sensei, poiché conferma come Go Nagai, attraverso la figura dei demoni, abbia ridefinito radicalmente il concetto stesso di mostruosità e male nel fumetto giapponese e oltre.
Se continuiamo il paragone, di affinità ne emergono costantemente. Entrambi i tipi di demoni non sono creature cadute, né spiriti del male opposti alla luce divina: sono piuttosto entità ancestrali, espressione arcaica di un mondo primitivo, pre-umano, presentati come specchio rovesciato dell’animo umano.
Nagai, infatti, concepisce i demoni come una forma di vita primordiale, emersa da una natura selvaggia e istintuale. La loro esistenza precede l’umanità, e si inscrive in un ordine naturale in cui l’etica non ha ancora preso forma. In One Piece, son tre le Ere del Mondo. Quindi, creature della sopravvivenza, dominate da pulsioni non filtrate dalla coscienza o dalla morale. Rappresentano, tra le righe, ciò che l’essere umano rimuove: violenza, istinto, paura, ma anche desiderio e verità profonda. Sono ciò che viene soppresso dalla società, ciò che resta fuori dal contratto sociale. L’unione tra Akira Fudo e Amon — ovvero tra l’umano e il demone — è la metafora chiave: non una possessione, ma una fusione, un “patto con l’ombra” che permette di affrontare la realtà del male senza soccombervi.
Quindi, Imu è la malvagità incarnata? Sta mirando ai bambini, mietendo vite senza battere ciglio. Allora facciamo un altro paragone, tanto oggi sono on fire.
Satana stesso, nella visione di Nagai, incarna questa ambiguità. Non è il principe delle tenebre nel senso cristiano, ma un angelo ribelle per pietà, capace di amore e collera, di tradimento e disperazione. È una figura tragica, molto più vicina al Lucifero miltoniano che al demonio medievale. Il suo conflitto con Dio non nasce da superbia, ma da un’empatia spezzata, da un errore fatale commesso per salvare i suoi simili. Satana è l’altra faccia della compassione, il lato oscuro della giustizia.
E qui iniziamo a giocare duro, anzi, durissimo.
Imu ha una personalità particolarmente schizoide, eeeeeeeeeeeeeeeeeh! Benvenuti nella nuova rubrica seeettimanale: L’angolo del profilo psicologico di Mu, Parte 2!
L’Eminenza grigia si trova al vertice con sguardo distaccato, si convince di incarnare l’unica verità possibile, costruendo un castello di certezze intorno a sé. Non solo ritenendosi superiore, ma si arrocca in una presunzione di infallibilità che le impedisce di scorgere l’orizzonte umano e talvolta vulnerabile di chi le sta intorno. Nel suo delirio di controllo, ogni errore è un riflesso dei sottoposti, un inciampo causato da loro, mentre la distanza che questi prendono dai suoi piani non viene percepita come dissenso, bensì come semplice incompetenza. Borbott, borbott, borbott… fu un errore imperdonabile di Lily. Mumble mumble mumble… fu la scelta sbagliata di Harald. Mannagg mannagg, Saturn mi ha detto le bugggie. Eh no.
Il paradosso tragico è che la ribellione cresce proprio nella sua cecità, alimentata dal silenzio di chi preferisce menare le tolle a una sfida inutile. Così, questo vertice isolato costruisce il suo impero su fondamenta di negligenza emotiva, ignaro che la vera fragilità non risiede negli altri, ma in quel delirio di superiorità che, alla fine, si rivela il più grande errore di tutti (Aizen… sei tu?).
Il personaggio mi intriga così tanto, da averne intuito i pensieri qualche capitolo prima:
Prima di andare avanti, vi rubo solo un momento: se questo tipo di contenuto vi piace, e se vi interessano analisi simili su altri manga, date un’occhiata al mio canale. Trovate tanti approfondimenti pensati proprio per voi!
Riprendendo, parliamo di due punti in canna di fucile, l’intento di Mu verso i giganti, e il rapporto con Harald. In merito la prima questione, il suo desiderio è – a parer mio – il seguente:
In quelle pagine (parlando dei libri) risuona un appello: ricordare, custodire, disobbedire, prima che il tepore anestetizzante dell’obbedienza renda i vichinghi complici della propria fine. L’intento non è soltanto distruggere il passato, ma annientare la capacità stessa di sperare. La vera tragedia non è il fuoco che consuma i libri, bensì la fiamma che brucia la coscienza.
Il rischio è accettare passivamente un’esistenza svuotata di senso, il terreno ideale per trasformare i giganti in soldati docili.
– Analisi capitolo 1147
Allora, quale fu questo famigerato ‘sbaglio’ del Re del Warland? Ritengo inutile riscrivere la base di una teoria formulata più di un mese fa, ve ne riporto il sunto, e deciderete voi se calza o meno, mes amis:
…perché Re Harald ha scelto consapevolmente di indebolire il suo stesso popolo?
Non riuscivo a togliermelo dalla testa. Vediamo le possibili opzioni:
Il Re era forse in combutta con il Governo, ma fallì? Difficile crederlo. La reazione di Sommers è puro scherno: disprezzo senza filtro, come un bracconiere che torna al vivaio aspettandosi barracuda e trova solo girini. Un’immagine perfetta per riflettere sul rapporto padre-figlio. Ripensiamo alla domanda che Loki rivolge a Hajrudin: «Non dirmi che anche tu credi davvero che io abbia ucciso nostro padre con l’intento di farlo… dimmi che non ci credi veramente…». Questa osservazione cambia tutto. È possibile che il principe abbia davvero ucciso suo padre, ma per fermarlo. Eppure i conti non tornano. Perché strapparsi le corna? Perché dichiarare guerra alle proprie radici, rinnegare l’identità di popolo, riscrivere da solo l’eredità collettiva?
Sommers è fuori di sé: lo chiama bastardo. Questo è tradimento, senza attenuanti. Non sappiamo come si siano svolti i fatti, ma nutro una speranza remota — quella che Harald abbia compiuto la stessa scelta di Roger. Affidare il fardello a un figlio (Loki-Shanks), mentire all’altro per renderlo libero di scegliere (Hajrudin-Buggy). Pensateci un istante: Shepherd resta sconvolto davanti scuole e biblioteche, e i Cavalieri di Dio puntano dritti su Loki. Il motivo? Oda ce l’ha messo subito sotto il naso.
Come si presenta (a chiunque, immediatamente) il principe?
Il re muore, e Sommers lo annuncia appena giunto: “siamo qui per visitare la tomba di Harald?” Nel frattempo, nessun cavaliere ha supervisionato Elbaph. Osservate con attenzione: tutto torna. Loki andava in giro a proclamare la fine del mondo, la stessa che Gunko aveva tanto esaltato nel capitolo. I Draghi Celesti stavano aspettando i frutti di un accordo stipulato con il padre del principe. Ecco perché rapire i bambini: quando la violenza ha saturato la loro indole, non sono più utili. Sono solo uno strumento più efficace per costringere chi sa ancora come combattere… i loro genitori.
La mia è un’ipotesi, ma credo la troverete calzante con il disegno generale.
Quindi, tanto per fare un esempio, Loki potrebbe aver agito per non infangare la memoria del padre, e forse per protrarre l’inganno, nell’attesa che qualcosa smuovesse la situazione. In questa prospettiva, l’obiettivo principale di Harald era rimandare il bagno di sangue per il suo popolo il più a lungo possibile, avendo un figlio che fungeva da paravento (Loki) e l’altro che nutriva il sogno di unire tutti i giganti per renderli nuovamente coesi (Hajrudin). Forse la mia è una teoria infondata, un’idea che non porta da nessuna parte. Ma, alla luce di queste informazioni, è l’approssimazione dei fatti che mi sembra maggiormente plausibile.
Sommers urla. Harald tace. La guerra è già cominciata e il dilemma non è tra bene e male, ma tra chi ricorda e chi dimentica volentieri. I Giganti, ora, devono decidere se essere gli ultimi custodi o i primi mercenari.
– Analisi capitolo 1146
Harald fu abbindolato? Ricattato? Trasformato? Tutto è possibile, ma, amerei se avesse chiesto di tacere a Loki, sperando che le cose volgessero a favore di Elbaph, magari nella speranza he si facesse veramente vivo il Dio del Sole o simili, di preciso… non saprei. I risvolti possibili sono fin troppi. Ma è tempo di dedicarsi a tutti gli altri retroscena del capitolo. Prima però, un pensiero da due centesimi.
Mettiamo le cose in chiaro, Lulusia, i bambini, il Regno di Pepe, le epurazioni cicliche dei nativi: tutto questo parla chiaro. Mu non è né buono né degno di misericordia. Ma ciò che mi tormenta è un’altra domanda: quale forza oscura e tenace ti tiene in piedi per novecento anni? È la brama di vendetta, o la disperata volontà di raddrizzare un torto insanabile?
Il punto cieco di Elbaph
‘Se l’uomo non uccide Dio, lo farà il Diavolo!’ – Lex Luthor, Batman v Superman: Dawn of Justice
Per cortesia, ditemi con precisione in quale pagina della “Bibbia” di One Piece è inciso che Killingham non può essere un uomo-pesce. Davvero, citatemi il versetto, perché altrimenti restiamo nel campo della pura congettura travestita da dogma.
Non si tratta di avere ragione. E nemmeno di ‘dimostrare di ‘averci preso’. Quelle sono solo illusioni dell’ego. La questione vera è questa: come può essere reale? Fate attenzione… e guardate.
La somiglianza di base è innegabile…
… ma, soprattutto…
… Avete letto cosa dice il buon Ivankov? Soprattutto — e qui sta il bello — se non ci riferiamo a un qualsiasi uomo-pesce, ma proprio a quelli di tipo squalo.
Ora, potrebbe avere quei tratti ferini per via del frutto (è pur sempre in forma ibrida), ma avere un uomo pesce tra le loro fila è… ideologicamente impossibile. Sarebbe come se il Ku Klux Klan organizzasse una festa di quartiere con la comunità afroamericana.
E se invece non fosse così? Parliamone insieme, amabilmente, vi formulo due ipotesi:
A) Abbiamo già dimenticato Jones? Il personaggio di Hody è costruito come negazione radicale di Fisher Tiger e Otohime, due figure simboliche della storia dell’Isola degli Uomini-Pesce, portatori di visioni opposte ma entrambe segnate dal desiderio di riscatto e dignità. Hody si presenta come l’erede degli ideali suprematisti di Arlong, ma ne esaspera il fanatismo. Non ha subito direttamente alcuna ingiustizia dagli umani; eppure, li odia con fervore assoluto, cieco, dogmatico. Il suo razzismo è di seconda generazione, fondato su racconti, miti e retoriche, e in questo rappresenta una critica lucida e spietata ai meccanismi reali della radicalizzazione: si odia non per ciò che si è vissuto, ma per ciò che si è stati educati a odiare.
Questa sua affermazione è il cuore del personaggio: Hody non cerca giustizia, ma vendetta; non vuole l’equilibrio, ma il comando. È una figura nichilista, che vive per distruggere, per il gusto del rovesciamento e del dominio.
Certo, questo non spiegherebbe l’accettazione dei Nobili Celesti all’interno delle loro fila. Eppure, come nel caso di Kanjuro, basta il giusto contesto narrativo perché tutto assuma coerenza. La verità è che una motivazione può esistere, perfettamente intrecciata alla trama. Perdonate se non azzardo alcuna teoria: al momento, non disponiamo neppure di un indizio davvero solido su cui costruire una congettura sensata.
B) Semplice semplice, ma con una base pratica. Se Imu è riuscito a capovolgere la psiche di Gunko come un guanto, perché non potrebbe aver fatto lo stesso con un uomo-pesce? E se cercate un movente… ce ne sono fin troppi. Forse per punirlo, come fece con la ragazza che osò ribellarsi. O magari perché ha bisogno di ciò che solo quella razza può offrire: una fisicità adattata agli abissi, abilità innate non replicabili. I Cavalieri, si sa, prediligono poteri diretti e distruttivi rispetto al Kirin— forse serviva qualcuno da manovrare, da gettare nella mischia come burattino. Potrei proseguire all’infinito. Fidatevi.
Il punto è chiaro, e insieme beffardo: mi piacerebbe perché mette allo scoperto il nauseante pensiero-manifesto di Mary Geoise. Quel disprezzare una razza dichiarandola inferiore, salvo poi reclutarne i membri appena diventano utili. Rifiutarne la natura, ma esigere ciò che la rende unica, insomma, il male non sarebbe mai stato così banale.
Grazie al critico Wayne C. Booth, sappiamo bene come Oda tratti certi temi, non è la prima volta che vi parlo del narratore inaffidabile, una delle figure più complesse e sottili della letteratura. È la tecnica narrativa attraverso la quale siamo indotti a credere una verità parziale, distorta o addirittura completamente falsa, per poi trovarci, spesso in un momento di climax, a dover rivalutare l’intera vicenda.
Il narratore inaffidabile ci costringe a guardare oltre la superficie, a mettere in discussione ciò che crediamo di sapere. È un invito a leggere tra le righe, contro il testo, oltre la voce che ci guida. Una lente critica sul nostro rapporto con la verità. Vi consiglio di tenerlo sempre a mente, con i mangaka.
Passiamo a Chopper e Luffy. L’ipotesi che il medico sviluppi l’Haki è affascinante, ma i fatti suggeriscono il contrario. Analizziamo i punti: A. Non si tratta di percezione — altrimenti avrebbe intuito di spingersi troppo oltre. Non è armatura — ha usato il Guard Point. Quanto al Re Conquistatore, il desiderio che anima Chopper è l’accettazione, salvaguardare vite, l’uguaglianza. Tutto ciò contrasta apertamente con l’idea di sovrastare gli altri che l’Haki del Re implica. Certo, potrei sbagliarmi. B. Se davvero fosse questo il suo risveglio, narrativamente parlando risulterebbe debole: poco pathos, scarsa costruzione epica. A meno che non venga sostenuto da un successivo flashback potente, in grado di riannodare il suo passato morale. Per ora, la teoria appare poco solida.
Decisamente più plausibile un upgrade della “Voce che ode tutte le cose” per Luffy. Posso darvi una buona argomentazione in merito:
Ricordate quando Shaks sculaccia con l’haki Haramaki? (Fa rima e c’e’). Beh, chiaramente Luffy riesce a distinguere il proprietario dell’ambizione, quindi quella di Chopper non lo era, ergo, non vi ruberò tempo facendo chissà quale illazione. Luffy sta semplicemente migliorando come ha sempre fatto? Forse l’incontro con i Gorosei ha innescato un salto evolutivo? Ancora meglio… Nika, dentro di lui, ha drizzato le antenne percependo prima del capitano stesso? Ecco, questa ipotesi ha un sapore mitico che non mi dispiace affatto. Vedremo dove ci porta.
Ed eccoci finalmente a Mosa. Questa è un’analisi che funziona meglio per sottrazione. Abbiamo in mente le costellazioni familiari — la Marina, i pirati, le sinapsi impazzite della Cross Guild, il Governo Mondiale, i Rivoluzionari, la spina dorsale segreta della S.W.O.R.D. E Mosa? È lo spazio tra le costellazioni. Mi conoscete ormai, tendo a muovermi nel perimetro del plausibile, ma di rado cedo anche all’istinto — come quando ho intuito, senza appigli concreti, che Gunko fosse diversa dagli altri e ‘potenzialmente’ un’orfana. Un’intuizione fortunata, nulla più. Detto questo, concentriamoci su tre aspetti, in quanto argomentabili.
Elemento esterno di trama. Potremmo andare da Shirahoshi fino al sindaco di Foosha, da una delle due figlie di Big Mom fino ad un machiavellico accordo con Teach, oppure Shanks. In questi casi tutto è inutile, come vi ho appena mostrato puoi individuare un legame, non l’intera sceneggiatura, citandolo di nuovo, chi avrebbe mai immaginato il tipo di coinvolgimento di Kanjuro, pur avendolo sotto gli occhi?
Collegamento con Mary Geoise. Ineffabile, la voce parla di una battaglia anche dalle sue parti, il collegamento risulta palese (forse fin troppo), ma le ipotesi sono limitate, Loki affermava nei precedenti capitoli ‘non credi che se fossi arrivato fin lì, avrei conquistato tutto?‘, il che fa presumere la conoscenza di chi attacca la Terra Sacra, perché il principe non è mai stato in loco. Eppure, il tono della voce è rassegnato, come se stesse subendo un attacco, insomma, l’ipotesi è veramente affascinante, ma manca completamente la materia narrativa.
Un ritorno alle origini. Sì, continuavo a non escludere l’ipotesi che Mosa potesse essere Jarl. Fino a oggi. Attenzione: Oda ha seminato indizi con la consueta, chirurgica ambiguità. L’appellativo “Mosa” suona come un vezzeggiativo, normalmente impiegato al maschile — ma questo dettaglio da solo non dice granché, perché è il termine ha strutture desuete. La voce è premurosa, affettuosa. Pare sinceramente legata al Principe Loki. Ma anche questo può essere teatro. Ed è proprio questa zona grigia, a rendere ogni congettura parzialmente insoddisfacente. Perché non possiamo ancora decifrare la risposta emotiva di Loki: è rispetto? È malinconia? O c’è, sotto la maschera, una dolcezza trattenuta?
Peccato però che Mosa non possa essere Yarl. Poiché sono andato a rileggere i dialoghi (dalle traduzioni del Bike) del cap 1134, e questa frase non è fraintendibile:
Loki: Anche io sono frustrato, lo sai… anche se non ci siamo mai visti né incontrati, io e te siamo amici di lunga data…’
Eh no, mi spiace, questo punto è incontrovertibile. Però, in una certa ottica, risulta adattabile…
Perché lasciare al nemico pubblico N°1 di Elbaph un lumacofono? Gerd e gli altri lo vedono parlare, lo osservano e ascoltano tutta la conversazione, nessuno é sbigottito, nessuno corre a fermarlo, allora… è una dinamica autorizzata, e chi decide le cose a Elbaph? Proprio Jarl. Di contro abbiamo il narratore inaffidabile, era fin troppo semplice (e quindi realistico) fare il parallelo: la battaglia imperversa nel Warland quindi torna, Jarl ha detto che un guerriero non indietreggia mai, ha capito di non poter sconfiggere Mu, e dice addio a Loki. Semplice, ma indubbiamente attendibile.
Quindi, rimangono due vie, entrambe esterne di trama, ma con contesto.
A) Mosa può essere ancora a Elbaph, appena Sommers giunge cade la linea del lumacofono, in quanto non ha la stessa ‘copertura di rete’ del Warland, invece Loki non ha problemi. Forse autorizzato da Yarl in quanto fiducioso in una ripresa del principe, e regge anche perché i disordini sono in casa, su più fronti.
B) Qui invece crolla – solo tecnicamente – l’ipotesi Mary Geoise, se Shepherd era fuori copertura e Shamrock non è stato informato dai vertici, bensì da Killingham sul posto, come può Loki comunicare con la Terra Sacra? Non venitemi a dire “è un’altra tecnologia…”, perché stiamo parlando della capitale che ha (probabilmente) ereditato le invenzioni del Regno Antico e che ha visto Vegapunk alla guida scientifica per decenni: davvero avrebbe un livello inferiore persino rispetto ai vichinghi? C’è un limite a tutto, su. A meno che Oda non ci presenti come giustificazione l’ecosistema unico del Warland, quello tanto decantato da Lilith, che magari consente la propagazione in virtù del bla bla bla… e vabbè, lo sappiamo, un autore accorto sa sempre dare contesto.
Al momento sappiamo solo una cosa con certezza:
Mosa è qualcuno a cui Loki è legato per affetto sincero, ed è una decisione avvallata dagli stessi vichinghi che lo temono e disprezzano, quella di non interrompere i rapporti tra i due.
Per concludere, avevo promesso il possibile modo in cui Luffy potrebbe ribaltare il Reversi.
Il capitano, si erge ben oltre l’archetipo tradizionale dell’eroe shōnen, è l’emblema di una libertà feroce, anarchica, quasi “politicamente scorretta”. Questa rappresentazione emerge dalle prime pagine fin nelle dinamiche narrative più recenti, in cui non si limita a sfidare avversari fisici, ma incarna un’idea di liberazione radicale, priva di compromessi e filtri morali convenzionali. Nel contesto generale, Luffy è la punta di diamante di una rivoluzione spirituale e sociale, che mette in crisi tanto le strutture di potere quanto l’ordine stabilito. A prescindere.
Il duello tra i due dovrebbe essere la metafora perfetta di una battaglia esistenziale tra oppressione e liberazione, tra autoritarismo e spirito indomito. Shonen over 9000. Mu teneva da parte le fotografie di Teach e del capitano, come vi dico spesso: perché entrambi sono l’energia liberatrice che può sovvertire il mondo. Ora il capitano incarna non solo la forza fisica, ma la capacità catartica della risata.
Questa lettura restituisce umanità a Luffy, lontano dall’eroismo idealizzato. Il suo percorso è segnato da questa tensione tra la libertà anarchica e la responsabilità di essere eroe, tra la spensieratezza del sorriso e la gravità della lotta contro forze oppressive. L’incarnazione del potere di Nika è un punto di svolta narrativo e psicologico, che promette una trasformazione profonda, capace di rivelare nuovi strati della personalità al suo sogno, che non è essere il Re dei Pirati: poiché quello è il mezzo.
Luffy non è soltanto un eroe, ma l’incarnazione vivente di una risata che spezza catene e dissolve oscurità — un’onda quasi inconscia che infrange il silenzio della coercizione, annunciando la rivoluzione della libertà nel caos stesso del mondo. Fishman Island docet.
Come sempre vi lascio il video del Re, nella consueta ottica di: ironia, analisi, traduzione dal giapponese. A voi!
Una singola scintilla
Spero di avervi intrattenuti, spinti a ragionare e riflettere.
Sto amando il lato dark fantasy di One piece. Oda non solletica i brividi con efferatezze gratuite: bensì ricorda il lato crepuscolare del mondo, dove la fede si mescola all’ossessione e il confine fra bene e male pare sciogliersi come neve al sole. Ok… ok, al sensei piace la punteggiatura che dilata – e comprime – il respiro emotivo della dialettica tra libero arbitrio e destino, bene e male, verità e menzogna; ma, ringraziando il cielo ci risparmia il didascalismo morale.
No, stavolta non si tratta solo di disegnare demoni, ma di tracciare una mappa inquietante dell’anima umana e delle sue contraddizioni più radicali. Il manga si avventura in territori oscuri, dove la malvagità non è un’entità esterna, ma un elemento primordiale e indissolubile della nostra stessa natura. Con il Bianconiglio Shonen non serve mica una lente postmoderna, basta uno sguardo teso e ambivalente sulla natura del male. Ma non temete, anche nell’oscurità più profonda può brillare una scintilla di ironia e coraggio.
Godiamoci il viaggio, genti
‘Under the words of men, something is tempting the father. Where is your will, my friend? – Slipknot, The devil in I
Scrittore, blogger, videomaker. La voglia (forse necessità?) di diventare un creator nasce da un imperativo semplice: diffondere la cultura del fumetto, del cinema e della letteratura. Galeotta fu la quarantena, che mi spinse a maturare l'idea di sfuggire alla noia, dedicandomi al campo in cui mi sento più versatile: la comunicazione. Decisi di unire i 13 anni di esperienza in televisione, l'amore per i manga, gli anime e l'universo nerd, insieme alla mia vena ironica, i miei studi e il personale gusto estetico. Le prime live, poi l'incontro con Gabriele il "Re del Bike&Raft". Da allora, ammetto di averci preso gusto. Penso che Emily Dickinson sia stata la più grande poetessa mai esistita, mentre considero Quentin Tarantino la "testata d'angolo anni '90" del cinema. E' il prologo di un desiderio sempre più crescente: pubblicare il mio primo libro o dirigere un film. Magari ci vuole fortuna, ma credo che Seneca avesse ragione: "La fortuna non esiste, esiste il momento in cui il talento incontra l'opportunità".
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.