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One Piece 1128: divinità ½; oltre lo specchio; do you like role-playing?

del pirata Stefano 'Cenere' Potì


‘Welcome to the jungle
It’s worse here everyday
You learn to live like an animal
In the jungle where we play’

– Guns N’ Roses, Welcome to the jungle

Salve genti, nuova analisi, capitolo 1128: le dimensioni contano.

Ricordate la scena di Men in Black II in cui J e K aprono un armadietto e scoprono una mini-civiltà aliena? Sì, perfetto. Benvenuti nel relativismo radicale. La grandezza, la potenza, il divino: il sensei cesella per noi un universo parte di un intricato gioco di scatole cinesi, in cui coesistono svariati livelli, ciascuno racchiuso nell’altro, senza avere (per ora) un centro definito.

Il 1128 è avventura allo stato puro.

Oda, ad ogni partenza narrativa scrive in frammenti; e come in ogni nuovo inizio, non esiste modo di ricucirli.
Eppure, nel caos, si cela un senso preciso che fa l’occhiolino ai miti norreni.
Così come Canova plasmava il marmo in forme di bellezza, ogni apertura di saga che si rispetti si erge a eco del suo Amore e Psiche, dove il nostro cuore batte per l’avventura in sé, mentre la mente brama fatti e verità. Però, il gioco di ruolo non me lo sarei mai aspettato.

E’ il momento dell’Elzeviro

Pomi d’ottone e…

Cronaca di una color spread annunciata.
No, purtroppo no. Il disegno in questione presenta già richieste di riferimento in cornice. Non si tratta di un omaggio alla straordinaria Maggie Smith, un’icona del cinema caratterizzata da un’eleganza ineguagliabile, un talento indiscutibile e una presenza scenica fuori dal comune. Si fa riferimento a una classica cover in cui il sensei considera le richieste rivolte dai fan.

A Oda decisamente non piacciono le soluzioni troppo complesse; la sua esuberante fantasia si riflette in un mantra di semplicità, mai troppo distante dai confini del burlesco. Il riferimento a Hogwarts è evidente, per essere chiari: praticamente letterale nei mantelli e nelle cravatte. Nico Robin, poi, sembra uscita stricto sensu dalla celebre scuola di magia, ed è semplicemente deliziosa. Gli altri Mugiwara, beh… sono i Mugiwara: perditempo incalliti e casinisti per vocazione.

Nota di colore: il buon Jinbe solitamente non brilla al timone; qui non pilota neppure la scopa volante come gli altri. Ah, Jinbe, però te le cerchi.

Il titolo del capitolo è una perla.
Per chi, come il sottoscritto e il Mala, non avesse trascorso una considerevole quantità di tempo a giocare a Hero Quest e a D&D
Un RPG (Role-Playing Game) è un gioco in cui i giocatori assumono i ruoli di personaggi immaginari all’interno di una storia, spesso in un mondo fantastico o futuristico.
Le azioni dei giocatori influenzano l’evoluzione della trama e lo sviluppo dei personaggi, che acquisiscono nuove abilità o potenziamenti.
Il gioco si distingue per il tipo di narrazione, l’interazione e la personalizzazione del personaggio.

Mmh, personalizzazione… Sì, mi pare di aver visto una macchina per cucire. Ma è solo la punta dell’iceberg, fidatevi.

Il titolo del capitolo ‘RPG’ suscita immediatamente un’eco di riflessioni che si intrecciano tra l’immaginario videoludico e la profondità narrativa della saga. Qui, i Mugiwara sono diventati pedine di un gioco ben più intricato, dove le regole sono scritte da forze superiori e il destino è manovrato come in una sessione di ruolo; abbiamo poi visto che esiste un Master. Il capitolo è comico nella sua capacità di riflettere sul concetto di ruoli invertiti, mostrando come i pirati, per quanto potenti, possano sentirsi intrappolati in un gioco più grande di loro.

Come vedremo, ci sono riferimenti estremamente precisi alla cultura norrena, ma che spezzano il mito.
È interessante notare come il sensei – tanto per cambiare – prenda ciò di cui ha bisogno dalla mitologia per creare un suo percorso fantastico. I Mugiwara sembrano essere incastrati in un serraglio, piuttosto che in un gioco da tavolo in senso stretto.
La situazione che si presenta nel castello e nel diorama suggerisce che siano intrappolati in un ambiente controllato, simile a un acquario, dove le loro azioni sono osservate e influenzate dal Dio del Sole. Una situazione inedita e assolutamente intrigante; vederli poi alle prese con concetti come la plastica e i vetri a specchio ha un non so che di… esilarante.

È come vedere un condottiero persiano scoprire il funzionamento del Wi-Fi o un conte transilvano alle prese con le norme di parcheggio.

Signore e signori: cap. 1128…

Il leone codardo

‘Potresti dirmi, per favore, che strada dovrei prendere da qui?

Dipende molto da dove vuoi arrivare.

Non mi interessa molto dove…

Allora non importa in che direzione vai.

– Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie

Fantasia. Un termine, anzi un concetto, anzi di più, qui l’aria che si respira è quella delle prime avventure della ciurma.

L’entrata un scena di Sanji è spassosissima: ‘Siamo in un sogno? No, ci sono troppi uomini‘, una logica inoppugnabile con un so che di… pruriginoso. Difatti Nami vorrebbe prendere le distanze ma non può o rischia di cadere. Una gag classica, ma splendida.

Fa da contralto ad una scena diversa: tutt’altro che casuale.
Viene lanciato un chiaro messaggio attraverso un’apparente leggerezza di dialogo: Luffy, rivolgendosi a Usopp, afferma che avrebbe potuto sconfiggere da solo il gatto gigante. Questo scambio non è semplicemente una battuta tra amici, ma un avvertimento sul potenziale inespresso di Usopp e, più in generale, un riflesso del gusto narrativo di Oda, che sa mescolare comicità e introspezione psicologica. E’ l’autore stesso a indicare che il cecchino dovrebbe essere tranquillamente in grado di combattere, di sapersela cavare da sé.

La frase di Luffy è una sorta di catalizzatore, un promemoria per Usopp e per noi lettori: il tempo della crescita è arrivato.
Si sta esplicitamente dando voce a questa evoluzione, mettendo in primo piano il potenziale del pirata, e proprio quando si trova nell’ambiente più carico di simbolismo per lui (la cultura dei giganti).

La scelta di ambientare questa dinamica proprio nella terra del Warland è voluta. Un richiamo costante all’eredità dei miti e delle leggende, dove i personaggi devono superare prove per affermare la loro grandezza. Usopp si trova ora a un bivio: può scegliere di restare ancorato alla sua identità di codardo o abbracciare il ruolo di eroe che il suo viaggio gli offre.
Riconoscete la domanda shonen per eccellenza? Cosa significa realmente essere forti? Se non fosse stato un punto su cui riflettere non sarebbe stato scritto.
Il nasone ha finalmente la possibilità di riscrivere la propria storia, mentre il sipario si alza sulla saga dei giganti, la vera battaglia per Usopp è appena iniziata, amici miei.

La ciurma ha piena coscienza della struttura artificiale che li circonda: un luogo immenso, dove non si scorge neanche la costa, costruito con materiali di plastica, in cui non tira un alito di vento. La scorsa volta l’ho utilizzata come metafora, ma inizia davvero a somigliare al Mago di Oz, con la strada lastricata, la divinità del Sole che inganna la popolazione come un Dio, e i Mugiwara in cerca di qualcosa — sicuramente Usopp, che cerca il coraggio. Nel frattempo, Sanji offre un ulteriore sfoggio della sua ignoranza riguardo al mondo femminile, annusando l’aria e sentenziando di non percepire Robin, sconvolgendo ulteriormente Nami.

Se devo essere sincero, sono felice che i mattoncini di Lego siano solo una parentesi di questo posto, aspettiamo i vichinghi da tempo immemore, fieri guerrieri calibrati nel concetto di onore, che permea ogni azione e scelta dei suoi adepti. I guerrieri vichinghi incarnano un ideale di coraggio e lealtà, una sorta di codice d’onore che trascende il tempo. L’idea che la morte in battaglia possa condurre a un destino glorioso nel Valhalla si intreccia con la loro quotidianità. Insomma, i mattoncini di lego risultavano piuttosto altisonanti in un luogo dove ti aspetti canti epici, fiumi di birra e lo stridere dell’acciaio.

Qui emerge uno dei punti più inverosimili della narrazione: il cecchino recupera il suo spirito di osservatore e comprende immediatamente quanto sia inattendibile indossare abiti di perfetta foggia vichinga, adatti alla loro taglia. E qui arriva il bello. La risposta al titolo del capitolo è proprio la barba di Usopp-boy.

Qualcuno ha personalizzato la ciurma.
La pratica di abbellire e dipingere le miniature nei giochi da tavolo è chiamata miniature painting. È un hobby che consiste nel personalizzare e decorare le miniature in plastica o metallo, spesso fornite non dipinte nei giochi come WarhammerDungeons & Dragons, o Zombicide. Questa attività va oltre il semplice gioco, trasformando le miniature in piccole opere d’arte attraverso l’uso di pennelli, vernici acriliche e tecniche di pittura specifiche.
E ne esistono a iosa, basecoatingdrybrushingwashinghighlighting e layering.
Oltre alla pittura, spesso si usa il basing per decorate le basette delle miniature con elementi come erba sintetica, rocce o sabbia, per aggiungere ulteriore realismo.

Invece, aggiungere elementi fisici come spade, barbe, armature o altre decorazioni alle miniature è chiamata kitbashing o sculpting. E spiega la personalizzazione dei mugi,

Kitbashing:
Consiste nel prendere parti da diverse miniature o kit (come spade, teste, armature o accessori) e combinarle per creare nuove versioni o personaggi unici.

Sculpting:
Questa pratica invece si riferisce all’uso di materiali modellabili, come il green stuff (una pasta epossidica), per creare da zero nuovi dettagli sulle miniature. Con questo materiale, si possono scolpire barbe, capelli, mantelli, armi o qualsiasi altro accessorio mancante o desiderato.

La ‘divinità’ ha adeguato la ciurma per quel che è:

  • Usopp assume il ruolo di esploratore, con la sua corporatura esile e l’aspetto non particolarmente minaccioso; quindi eccolo qui con un elmo e barba ispida, un aspetto comunque da veterano.
  • Nami, invece, diventa una Skjaldmær — una fanciulla scudo, guerriera che, secondo alcune saghe, combatteva accanto agli uomini. Anche se le prove storiche di queste guerriere non sono conclusive, le leggende norrene abbondano di racconti su donne forti e combattive, come Lagertha o Brynhildr, simboli di coraggio e abilità bellica.
  • Sanji ha sempre incarnato un’eleganza innata, quel fascino da principe che lo distingue anche nei momenti più caotici. Infatti, anche nella la cotta di maglia che indossa si possono notare dettagli: gli intrecci sono raffinati, e il mantello che gli cinge il collo aggiunge un tocco di nobiltà. Questo suo stile regale è in netto contrasto con i look più marziali e brutali di Luffy e Zoro, però porta una spada, ergo è stato classificato come guerriero.
  • Per Zoro bisogna citare Donnie Brasco: che ve lo dico a fare? Il suo corpo è un monumento alle cicatrici ed è privo di un occhio, traspare subito il suo spirito indomito, l’essere inarrestabile nel suo cammino. Infatti gli è stato concesso di tenere le proprie spade. La divinità deve aver riconosciuto in lui quasi un Berserkr che incarna il potere brutale e l’onore della guerra.
  • Luffy, emh… Luffy. Immaginate la descrizione con la voce di Fantozzi: fascione trasversale di pelle di pecora, kilt ascellare quasi aperto sul davanti e chiuso pietosamente con uno spillo da balia, grosso randello del 1912, elegante elmazzo trucido con la scritta ‘Casinò Municipale di Elbaph‘. Ovunque vada, tempo due minuti e lo prendono per un burino.

Chiunque essa sia, quella divinità è un pò nerd.

Into the Wild

Ci rinuncio, rispose Alice: Qual è la risposta?
Non ne ho la minima idea, disse il Cappellaio

– Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie

Tralasciando la catalogazione maniacale delle dimensioni – specialmente quando si parla di Oda – ciò che vediamo non è nemmeno Yggdrasill, ma un modello… in scala, per l’appunto. Considerando le proporzioni della porta, del gigante e del mobilio, si potrebbe presupporre che abbia dimensioni simili a quelle di un albero comune del Warland. Ma poco importa, poiché al momento non sappiamo dove ci troviamo.

Il vecchio incontrato non offre alcuna informazione utile, se non attraverso l’esclusione; tutto ciò che ci circonda appartiene alla divinità solare, e ci troviamo nel Paese degli Dei. La situazione appare decisamente illogica. Il vichingo non mostra il minimo segno di stupore di fronte a degli estranei, ma era pratica consueta in quella cultura inviare araldi per informarsi sul motivo della presenza di eventuali sconosciuti o, perlomeno, per conoscere l’identità dei forestieri.

Ecco il punto: per logica, in questo microcosmo non esiste mare. Infatti Nami ha immediatamente tentato di orientarsi con il vento, constatando che non ne soffia neppure un alito. Pertanto, ci troviamo al chiuso. Tuttavia gli scandinavi vigilavano con attenzione il perimetro dei loro centri abitati; ed è proprio lo stesso insetto-ciclista a schiarirci le idee, dicendo: ‘Salve, dovete essere dei nuovi arrivati‘. A quanto pare, in questo luogo è pratica comune che qualcuno spunti fuori all’improvviso, senza preavviso. Questo fa riflettere su due frangenti: A. corrisponde perfettamente all’idea che la divinità, di tanto in tanto, aggiunga elementi al suo Diorama; B. stiamo dando per scontato che gli individui visti in città siano vichinghi autentici, mentre potrebbero essere qualsiasi tipo di pirata o avventuriero che ha solcato i mari. Partiamo dall’assunto che abbiano origini vichinghe, considerando i loro abiti e il look, ma non è forse vero che anche i Mugi sono stati prima adattati e poi inseriti?

Si presentano due possibilità, entrambe affascinanti ed elettrizzanti.

Le persone che incontrano (evidentemente comuni mortali, viste le loro dimensioni) sembrano appartenere a una sorta di Shutter Island. Se conoscete il film, saprete che mi riferisco a una società illusoria, che evoca l’idea di realtà parallele. Il vecchio — che sia un umano giunto chissà quando o un membro di una reale popolazione del Warland — non manifesta alcun stupore nell’incontrarli; anzi, nonostante la fretta, si premura di fornire loro due notizie essenziali per la sopravvivenza. Possono trovare cibo in città, ma devono stare attenti a non oltrepassare il castello, poiché nessuno è mai tornato indietro.

Sempre per amore della logica, se gli abitanti di questo luogo trascorrono decenni in tale contesto, è naturale che diano vita a nuove generazioni; i nati all’interno di questo diorama conoscono unicamente la realtà in cui sono cresciuti e non la mettono minimamente in discussione. Lo stesso vale per coloro che si sono risvegliati inaspettatamente in questo mondo: esattamente come i mugi hanno dovuto fare i conti con una realtà nuova, nella quale l’unica scelta era adattarsi, ma comunque non avendo motivo di credere che dietro ci fosse un’altra verità.

Questo ragionamento è valido sotto differenti punti di vista. Nessuno tra i cittadini è tanto folle quanto Luffy da dirigersi a tutta birra verso un luogo tabù; i pochi che hanno osato intraprendere tale cammino non sono mai tornati. Tale comportamento si allinea perfettamente con la filosofia di questo luogo. Se Taiyoushin dovesse scoprire che uno degli abitanti ha osato guardare oltre lo specchio, cogliendo la verità, non lo rimanderebbe mai indietro.
La transizione da Shutter Island a The Truman Show sarebbe inevitabile: si verificherebbe una rottura della quarta parete. Una volta svelato l’arcano, tutti acquisterebbero consapevolezza, dando origine a rivolte e disapprovazione nei confronti della divinità. In sintesi, dissolta l’illusione, svanirebbe anche la magia dell’incantesimo.

Ma c’è di più.

La nostra riflessione critica, inevitabilmente, tende a disperdersi con l’avanzare dei capitoli; è fisiologico non avere sempre ogni dettaglio fresco e vivido. Ricordate la vignetta finale del capitolo 1024? Qualcuno attendeva la ciurma sulle coste di Elbaph. Ora, le possibilità sono due: o esistono diverse fazioni con interesse a interagire con loro (scenario perfettamente plausibile, poiché ancora non sappiamo chi muova davvero i fili nel Warland), oppure quel personaggio specifico ha in mente un piano ben congegnato. Un piano che potrebbe riguardare qualsiasi cosa.

L’esistenza di esseri umani di statura normale, devoti a una divinità del Sole nella terra dei giganti, supporta – su un piano meramente teorico – una mia supposizione espressa in precedenza: i Buccaneer potrebbero essersi rifugiati nel Warland per sfuggire alla stretta del Governo Mondiale; o, quantomeno, che vi siano tracce del Culto del Sole.

La falla emerge chiaramente nel piano strategico, che non appare supportato da presupposti fondamentali e concreti. Questa situazione sembra più un prodotto del caso. Mi spiego meglio: se qualcuno attendeva i Mugiwara, perché non interagire direttamente con loro per portare avanti un obiettivo? Perché rinchiuderli nel Diorama senza alcuna comunicazione? E con quale criterio è stata divisa la ciurma? Sono stati trattati come i loro predecessori nel Diorama – o meglio, nel serraglio – dove, indipendentemente dall’intenzione (buona o cattiva che sia), la divinità ha educato gli abitanti di quel microcosmo a una determinata visione della realtà. In quel mondo, sono gli animali a comandare, con l’importanza e l’autorità di un Dio. E la cosa non mi piace, perché significa trattare delle persone come giocattoli.

Oda ha abilmente evitato l’unico percorso che avrebbe potuto spingerci a riflettere più a fondo: far interagire la ciurma con la popolazione autoctona. Come ci ricorda la piramide di Maslow (creata dallo psicologo Abraham Maslow nel 1943) ogni società si fonda su un modello teorico che gerarchizza i bisogni umani. In pratica, non sappiamo un beneamato di come vivano e si amministrino. Il vecchio aiuta la ciurma, visibilmente di fretta perché deve assolvere al compito di nutrire il Dio-riccio, ma non ci viene spiegato il motivo di questa urgenza (se non il fatto che il riccio si altera, se non mangia regolarmente). Tutti i cittadini che abbiamo incontrato finora sono sinceramente sgomenti dagli eventi e reagiscono in modo autentico, con risposte altrettanto genuine.

A meno che la falsariga della realtà non sia ancora più labile.

Avete familiarità con il concetto di Role Play?

Il role play (gioco di ruolo) è un’attività in cui i partecipanti assumono i ruoli di personaggi fittizi e agiscono, parlano e prendono decisioni come farebbero quei personaggi in situazioni specifiche.
Questa forma di intrattenimento è estremamente variegata e si può trovare in molteplici contesti, dal teatro e i giochi da tavolo fino ai videogiochi e le comunità online.

Per chi non avesse familiarità con D&D, farò un esempio specifico per chiarire quanto sia fondamentale questo aspetto. Durante una sessione di gioco, solitamente io e i miei amici – e, naturalmente, soprattutto il Master – ci immedesimiamo completamente nei nostri personaggi poco prima di iniziare. Li interpretiamo letteralmente. La regola è che nessuno, salvo per specifiche osservazioni necessarie (come evitare il meta-gaming), può parlare o agire come sé stesso. Ogni giocatore può utilizzare solo le informazioni che il proprio personaggio ha acquisito nel gioco. Ad esempio, se il bardo della mia compagnia è entrato in contatto con un artefatto maledetto che potrebbe averlo posseduto, ma il mio Paladino non era presente o non ne è stato informato, io, come giocatore, ne sono al corrente, ma il mio personaggio no. Pertanto, dovrò comportarmi come se non sapessi nulla. È inoltre vietato interrompere l’atmosfera parlando dell’ultimo modello di tecnologia, della carbonara a pranzo o della prima puntata di DanDaDan. In sintesi: spezzare l’illusione è proibito per mantenere l’immersione.

Pena l’ira del party, e cazziatoni da parte del Master.

E’ il momento ideale per ricordarvi la Fatal, doppiaggio della traduzione adattata, teorie, idee e riflessioni live. Questa sera poi si parla in salsa GDR, siamo in estasi. Vi aspettiamo alle 21,00!

https://m.twitch.tv/bikeandraft?desktop-redirect=true

Procedendo, dove voglio arrivare? Al punto che, in precedenza, ho ipotizzato che la popolazione possa genuinamente credere di trovarsi in un mondo governato da specifiche divinità. Tuttavia, considerato l’elemento RPG, potrebbe darsi che tutti, o solo una parte di loro, o forse una cerchia molto ristretta, stiano in realtà seguendo le direttive di un Master, interpretando un ruolo prestabilito. Potrebbero quindi comportarsi come NPC (personaggi non giocanti) che di norma servono per interazioni di base, fornire informazioni o assegnare quest.

Questo aspetto ha connotazioni discutibili, perché, come ho accennato prima, vediamo la popolazione reagire in maniera genuina agli eventi che accadono nel loro mondo, anche in assenza della ciurma. Il mio è solo un ragionamento suscitato dal titolo enigmatico del capitolo. Ad esempio, lo stesso motociclista appare sinceramente esterrefatto di fronte al crollo del castello. Questo suggerisce che i Mugi (tanto per cambiare, eh) siano presi tra l’incudine e il martello: in fuga da un Taiyoushin infuriato/a, ma con la possibilità di ritrovarsi una popolazione leggermente imbestialita per aver commesso trecento sacrilegi in appena tre minuti. Insomma, il sensei si sta divertendo un mondo.

Infatti, rinfrancati dall’essersi ricongiunti (almeno in parte), Luffy si scatena, Zoro sentendo la possibilità di avversari degni si infervora, e persino Nami chiede scusa in anticipo per quel che combineranno. Solita giornata da mugi. Nella sua consueta apologia di demenza, Luffy corre come un disperato verso il mistero, vede una figura che è praticamente identica a lui (tonalità della percezione, scansati please) e ci si fracassa contro: di faccia. Che cosa ho appena detto? Un giornata tipo della ciurma di cappello di paglia. Prima spari, poi chiedi chi va là.

Ancora una volta i conti non tornano. Seguendo questa linea di pensiero, Taiyoushin non dovrebbe nemmeno sapere chi ha di fronte. La ciurma è famosa per le sue azioni spericolate: ha sfidato più volte il Governo Mondiale, ha appena abbattuto l’Imperatore più potente ed è ricercata dalla Marina per omicidio. Anche supponendo che non ci troviamo esattamente a Elbaph, siamo comunque nel contesto del Warland, e se non i cittadini del Diorama, almeno la divinità del Sole dovrebbe essere al corrente della forma di Luffy. Dorry e Brogy non lo avevano forse riconosciuto dalla sua taglia, arrivando addirittura ad Egghead chiamandolo Dio del Sole? C’è qualcosa che non quadra, come se questo fosse un segmento separato. Pare che Taiyoushin stia seguendo solo le sue regole di base, arricchendo il modellino-serraglio. La figura avvistata sulle coste li ha invitati a venire, quindi sapeva bene chi fossero. Voleva qualcosa da loro. Queste incongruenze fanno pensare alla presenza di diverse fazioni in gioco.

Ma, per comprendere meglio questo punto, dobbiamo prima vedere come Luffy riuscì a spingersi oltre lo specchio. Diamine, in ogni senso.

La sala degli hobby

Al contrario, continuò Tweedledee…

se fosse così, potrebbe essere; e se fosse così, sarebbe; ma poiché non è, non è. Questa è logica.’

– Lewis Carroll, Alice attraverso lo specchio

Superate le colonne d’Ercole, la ciurma finalmente comincia a usare la materia grigia.

In un crescendo di intuizioni, Nami è la prima a riconoscere la struttura caratteristica da veri abitanti del Warland. Zoro, pragmatico come sempre, interrompe la sospensione dell’incredulità, sottolineando che non possono trovarsi ancora sulla nave degli alleati. Usopp chiarisce ulteriormente: nessuna delle stanze esplorate sull’imbarcazione era progettata in quel modo. A quel punto, Sanji riassume perfettamente la situazione: sembra che stiano svolgendo il ruolo di animali da compagnia per un gigante. La ciurma giunge così alla conclusione che sono stati ridotti a giocattoli, il che spiega l’origine dei loro vestiti, la strana disposizione del Lego e il sapore artificiale che permea l’intera faccenda. La prova definitiva? La tipologia di specchio, rivela la natura fittizia di tutto ciò che li circonda.

Quindi, tanto per cambiare, si trovano a essere gli unici a conoscere la verità. In un momento che richiama le fantasie hentai, Sanji propone a Nami i suoi servigi per rimodernare la stanza delle ragazze sulla Sunny. Ma Nami, per tutta risposta, sfoggia un Mae geri che farebbe invidia tanto a Chuck Norris quanto a Kenshiro.

Ora, il primo dubbio concerne la reale posizione in cui si trovano. Considerando che per i villici del diorama la divinità solare rappresenta il loro Dio, i giganti hanno anch’essi acclamato Luffy come Dio del Sole. Tuttavia, non è stata pronunciata una sola sillaba riguardo a una divinità già presente ad Elbaph, che incarna la stessa effige (se desiderate notare la differenza, ho distinto i termini nel precedente articolo). È possibile che nessuno abbia proferito verbo al cospetto di Nika? Ripeto, non avendo conoscenze dirette del Warland, questo segmento narrativo sembra essere un discorso a parte. Una cosa è certa, però: quello non è un tempio, bensì una sala hobby.

La stanza è dotata di tutto il necessario per cucire vestiti per le miniature e per espandere il mondo con i mattoncini; sugli scaffali, pare vi siano anche dei libri. Se si tratta di manuali per giochi da tavolo, desidero saperne di più, voglio farmi due risate. Tuttavia, è la presenza degli animali a destare stupore. Come abbiamo notato, alcuni di essi sono presenti nel modellino e Taiyoushin li tiene in grande considerazione, facendoli accudire come divinità; altri, invece, risiedono abitualmente nella stanza. Infatti, il gigante apre la porta a una scaramuccia già in corso. Gli abitanti del modellino affermano che quella terra è governata da tre entità, ma fra queste non viene menzionato alcun corvo, serpente o topo. Insomma, Taiyoushin tiene alcuni animali vicini a sé e altri nel modellino. E poi capiamo che hanno funzione di guardiani, ecco perché esiste distinzione tra gli animali nel serraglio e quelli fuori.

Qui avviene la sopracitata frattura sui miti norreni. La mia teoria su come Oda voglia riflettere tale mitologia prende forma, ricordate cosa scrissi del coniglio, la volta scorsa?

Heimdall, il guardiano del ponte Bifrost nella mitologia norrena, è un dio dall’udito e dalla vista acutissimi, capace di percepire il rumore di una foglia che cade. Protettore degli dèi e degli uomini, è destinato a suonare il suo corno, Gjallarhorn, per annunciare l’arrivo del Ragnarök, il destino finale del mondo. Ergo non può essere il coniglio.
Però Heimdall incarna la vigilanza eterna e il confine tra ordine e caos. L’enorme coniglio noto come ‘dio orecchiuto‘ potrebbe richiamare l’idea di una creatura che ascolta e osserva, questo si.
Heimdall, come dicevamo, ha la capacità di vedere e ascoltare a grandi distanze. Suggerendo che il coniglio funge da guardiano di eventi imminenti.
Non dimentichiamo poi il tono leggero di One Piece. Anche se si può fare un riferimento a figure mitologiche, l’intento potrebbe essere quello di giocare con i concetti e fare un tantinello di ironia slapstik.
Insomma, un riferimento a Heimdall può starci, ma è importante considerare anche il contesto comico e parodistico in cui piace sguazzare al sensei.

– analisi capitolo 1127


Qui si apre un mondo.

Al momento, con certezza, possiamo solo constare che il sensei sta facendo letteralmente un patchwork dei miti scandinavi seguendo esclusivamente il gusto personale. Perché se il Dio orecchiuto è un vago riferimento – in termini di poteri – a Heimdall, sul corvo non ci sono dubbi, per via del nome: Muginn, l’insieme di due nomi di cui vi parlavo nell’analisi del 1126:

Difatti, il corvo funge da sorvegliante e, come ripeto, il sensei dà ascolto soltanto a sua Maestà la Fantasia. Così diventa un unico corvo, il cui nome è preso da entrambi; e invece di servire Odino, fa la guardia a un diorama. Vogliamo poi parlare di Hillmungandr? A meno che queste non siano le avvisaglie di idee più grandi di Oda, ossia che i guardiani siano omaggi a creature di ben più vasta portata presenti nel Warland: il serpente è la totale spaccatura stilistica del mito norreno. Jormungandr, noto anche come il Serpente di Midgard, è un’enorme creatura della mitologia norrena. Figlio di Loki e della gigantessa Angerboda, è un serpente marino che circonda il mondo, mordendo la propria coda. La sua presenza simboleggia il caos e l’inesorabilità del destino, e la sua lotta finale con Thor durante il Ragnarok rappresenta la catastrofe imminente che segnerà la fine degli dèi.

E, finora, il Ragnarok ideale in One Piece è rappresentato dagli Dei come Draghi Celesti, e i Giganti come i guerrieri del Warland.

Tuttavia, non c’è motivo di preoccuparsi; nello storytelling di Oda, l’aderenza al mito non è mai stata prioritaria per garantire una narrativa di qualità. È però utile riflettere sul fatto che non possiamo intravedere nella mitologia classica la piega che prenderà Elbaph. Volete ulteriori spunti di riflessione? Sono qui apposta, amici miei. Come abbiamo supposto tutti, dalla figura longilinea, dai tacchi e dalla semplice percentuale di caratteristiche, Taiyoushin potrebbe rivelarsi una donna. L’unica divinità femminile legata ai gatti era Freya; questo potrebbe già indicare la dualità della trama: A. una figura che attende i Mugi sulle coste; B. un’altra che li rapisce per adempiere a un desiderio diverso. La dea in questione, peraltro, non godeva delle simpatie di Loki, giusto per fare un esempio. O meglio…

Nella miti classici, Freya e Loki non erano esattamente contrapposti nel senso di essere nemici giurati o opposti ideologicamente, ma avevano ruoli molto diversi e, in certi racconti, si trovavano su posizioni contrastanti. Le loro interazioni mettono spesso in luce le tensioni tra il caos e l’ordine, ma non si può dire che fossero nemici assoluti. Ricordiamo poi che da qualche parte esiste l’uomo con la cicatrice di fuoco, e che la figura con il teschio di cervo potrebbe essere chiunque, compreso Loki.

Tutto il discorso sugli animali incide sul ruolo particolare del medico, Chopper è stato separato dalla ciurma in quanto animale, o in quanto cervide? Il teschio portato dalla figura non sembra casuale, e questo lo prefiguravo la settimana scorsa:

‘In quanto medico e, soprattutto grazie alle sue trasformazioni, Chopper può apparire come uno sciamano; e in aggiunta, parla come un essere umano.
Ergo vi fornisco altre informazioni interessanti.

Eikþyrnir, il mitico cervo del Valhalla, è una figura chiave nella mitologia nordica. Dimora nella grande sala dei guerrieri caduti, dove bruca le foglie di Yggdrasil (una vera moda, a quanto pare). Dalle sue corna scorre acqua, un elisir vitale che alimenta i fiumi e nutre la terra. Nel mito, Eikþyrnir non è solo un simbolo di vita; rappresenta la connessione profonda tra il ciclo naturale e l’esistenza stessa, diventando fonte di energia per tutto il cosmo. Già vedo il delirio nel paragone: acqua elisir vitale = la famigerata panacea di Chopper.

– analisi capitolo 1127

Qui si collegano due punti interessantissimi, che – guarda caso – ruotano attorno a delle figure femminili norrene, o figure maschili osteggiate… e isolate. Nella mitologia nordica, non esistono figure esattamente paragonabili ai druidi della tradizione celtica, tantomeno sciamani, ma ci sono alcuni ruoli e pratiche che presentano somiglianze. Figure simili ai druidi potrebbero essere considerate i seiðr.

Leggete attentamente: Si parla di una forma di magia praticata in Scandinavia, spesso associata alla divinazione e alla manipolazione del destino. Gli adepti, di solito donne, potevano comunicare con gli dèi e gli spiriti. Ora, prestate attenzione. Se i druidi erano visti come mediatori tra gli uomini e il divino, i praticanti di seiðr, spesso associati alla dea Freyja, si presentano come figure più ambivalenti. Si diceva che potessero manipolare il destino e invocare le forze cosmiche, ma il seiðr era anche circondato da un’aura di stigma, specialmente per gli uomini che lo praticavano, considerati effeminati o disprezzati.

Vi torna qualcosa, visto il capitolo?

Ovviamente, prendendo totale distanza da certi pregiudizi da mentecatti, questo farebbe luce sull’abbigliamento e sulla figura di Taiyoushin, sia esso uomo che donna. Inoltre, aggiungerebbe sfida, sapore e dinamismo a tutta una serie di narrazioni possibili. Ve lo dico e lo ripeto: il sensei sembra un bambino la mattina di Natale.

Come sempre vi ricordo il video del Re, un’analisi acuta e ricca di riferimenti scandinavi… in salsa comica alla Frat Pack, cosa desiderare di più!

E se foste interessati ad altre mie analisi su altri manga, vi invito a visitare il mio canale…

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Ogni volta

Spero di avervi intrattenuti, spinti a ragionare e riflettere.

Molti di voi mi dicono che, ad Elbaph, si respira la stessa aria di avventura degli esordi, come se si leggesse One Piece per la prima volta.

Il percorso di Usopp è infatti simbolo ideale di un cammino verso la scoperta della propria identità, un invito a riflettere su quanto sia importante il viaggio stesso, più che la meta.
Di certo, dopo le tragedie di Kuma, Ginney e Bonney, passare da Egghead a Elbaph è come passare dal Signore delle mosche ad Alice nel Paese delle Meraviglie.

Quando i Mugi scivolano nel diorama, intraprendono un viaggio che va oltre la semplice avventura, immergendosi in un mondo che sfida ogni logica e convenzione. Elbaph si presenta come un caleidoscopio di assurdità, pur rivelando inquietudini profonde legate all’identità di una storia che inizia a svelarsi… finalmente solo oggi. Già.
Ci sono storie così speciali che è quasi come leggerle per la prima volta, ogni volta.
One Piece è una di quelle storie.

Godiamoci il viaggio, genti

Welcome to the jungle
We got fun and games
We got everything you want
Honey, we know the names

– Guns N’ Roses, Welcome to the jungle

Cenere

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