One Piece 1149: requiem per un eroe; la metamorfosi di Gunko; Ira Divina

‘… You can run on for a long time
Run on for a long time
Run on for a long time
Sooner or later God’ll cut you down

– Johnny Cash, God’s gonna cut you down

Salve genti, nuova analisi, capitolo 1149: Teach, Dragon o… NEO MADS?

Iniziata con un ritmo da operetta, quasi vaudeville, Elbaph si spoglia progressivamente del travestimento farsesco, lasciando che l’umorismo si incrosti di ferocia e la commedia deragli verso l’avventura, per poi sfociare del tutto in una mistura di umorismo caustico e crudeltà deliberata.
Precisamente come nei recenti episodi. Un approccio degno di Steven Spielberg, maestro della narrativa lineare. Il capitolo 1149 si presenta infatti come un unico piano sequenza, che esclude gli eventi di Luffy e Loki per concentrarsi interamente sul Regno del Sole.

Difficile pensare sia un caso.

Il sensei cambia marcia, affondando il pennino nei legami, nel sangue, nei ricordi.
Gaban, qui più padre che guerriero, firma un monologo che è oro narrativo – da analizzare frase per frase. Intorno a lui tensioni sociali, l’estetica estrema dei cavalieri interrotta dai flashback di Gunko (come prevedevo: è diversa, lo è sempre stata), dettagli temporali seminati con finta leggerezza… e poi l’ingresso glaciale di Imu, che si mostra pubblicamente e conferma una mente gelida, incapace di sentimento.
No, non si sfiora il misticismo negativo di Simone Weil e soprattutto il silenzio di Dio in Bergman, eppure vi garantisco che il discorso si apre a orizzonti vasti e intriganti.
Meglio andare per gradi, quindi.

E’ il momento dell’Elzeviro

Reservoir Mugi

Tanto per rallentare ulteriormente il viaggio di Yamato – una mini-avventura che probabilmente vedrà l’epilogo sotto un altro sole, tra i resti di una civiltà futura che ci studierà come fossili – oggi ci viene concessa una nuova, sontuosa color spread.

A essere onesti, la trovo incantevole. L’ambientazione è costruita con cura e precisione: un’estetica che non si limita al decoro, ma cela un riferimento linguistico preciso. La parola giapponese ぼったくり (bottakuri) deriva dal verbo ぼったくる (bottakuru), che significa letteralmente spennarefregare soldi, o far pagare troppo. In pratica, si usa per descrivere situazioni in cui a qualcuno viene fatto pagare un prezzo esagerato per un bene o servizio, spesso con intento truffaldino.
Non a caso, vediamo una splendida Nami sorridente.
Il suo primo piano è una dichiarazione: qui si paga caro, ma lo si fa con stile.

Si respira indirettamente aria di Tarantino, e non tanto per la mise dei ragazzi, il completo iconico de Le Iene, quanto per l’intento meramente comico, ricordate la scena delle mance?
Mr. Pink afferma:
“I don’t tip.”
Quando gli altri protestano, argomenta con una logica apparentemente coerente:
“I don’t believe in tipping. These ladies aren’t starving to death. They make minimum wage. I don’t tip because society says I have to.”

Mentre Mr. White (Harvey Keitel) cerca di convincerlo:
“You don’t tip, you don’t get good service.”

Mr. Pink insiste che la mancia è una convenzione ipocrita. Bene. Nel film Tarantino (maestro di dialoghi indiretti, uno su tutti quello di Superman nel finale di Kill Bill) descrive un piccolo manifesto anarchico e capitalista insieme: non pago perché non mi conviene.
Beh, se tutti facessero così, il sistema crollerebbe — ma lui se ne frega.
Nell’ottica di Oda la deriva narrativa non ha simili pretese, eppure la scena è un microcosmo ironico riuscitissimo. Non serve parlare esplicitamente della truffa: facendo agire le ragazze, il sensei ci racconta la controparte maschile della ciurma. Nessuna divisione esistenzialista, intendiamoci, ma l’autore spesso gioca su questa dinamica. Sanji, Zoro e Luffy rappresentano impulsi primari: istinto, forza, fame, sogno. Le ragazze operano come architettura narrativa e psicologica: contengono, moderano, stabiliscono.
In soldoni, Nami e Robin non sono solo più responsabili — ma più consapevoli.
Mi ripeto, l’ho trovata deliziosa.

I dettagli hanno una semantica tutta loro:

  • Robin guarda sorridente, è la classica figura materna che guarda bisticciare dei bambini.
  • Sanji è in un maid cafè con Nami in divisa succinta: devo aggiungere altro? È la manifestazione sartoriale del suo intero arco esistenziale.
  • Usopp è la coerenza sociale, realizza il disastro economico in arrivo: ha capito che far mangiare Luffy e far bere Zoro equivale ad accendere un mutuo trentennale. Peraltro, ogni personaggio ha la camicia di colori diversi (il che amplifica l’eco di Tarantino, se ricordiamo Mr Pink, Mr White, Mr Orange…), ma lui è l’unico che porta lo stesso colore del gatto. Insomma, una doppia valenza comica, e ci sta tutta.
  • Luffy ha davanti un’omelette di riso con su scritto my goldmine, anche questo si commenta facilmente. No, non è una metafora. È letterale. È il suo vero tesoro.
  • Zoro, nella sua crociata etilica, tracanna un quantitativo d’alcol paragonabile solo allo zucchero che L ingurgita in Death Note.
  • Chopper è il classico portachiavi umano.
  • Nami è la capoccia, mentre Lilith fa una linguaccia al povero cecchino.
  • Infine una Bonney splendida, felice come sarebbe sempre dovuta essere. Va in giro con un sorriso a 32 denti e un misterioso vassoi con la scritta ‘RIP-‘, ovviamente non è appuntato come la classica formula funesta, ma solo una parola divisa.
    Che poi, se davvero fosse RIP SATURN, sarebbe apoteosi comica. Potrei ridere per giorni.

Ora, permettetemi di cambiare registro. Il capitolo che ci attende reclama un’altra voce: più cupa, più profonda, più prossima al margine. E vuole raccontare una storia di redenzione e vendetta. Un enigma visivo che ci mette nuovamente davanti al baratro dell’ignoto: la violenza che nasce dal dogma, la fede come impulso distruttivo, i ricordi come veicolo del destino.
La liturgia della guerra è cominciata.

Signore e signori: capitolo 1149…

Il gesto necessario

Pintel: Tu?! Tu morto dovresti essere!
Jack: Non lo sono?
– Pirati dei Caraibi

Anzitutto, lasciate che vi rassicuri, una leggenda come Gaban (parliamo di una vera belva) non può certo uscire di scena per un colpo del genere, né per essere rovinosamente precipitato dall’albero di Adam. Oh, certo, sono circostanze che per chiunque altro sarebbero fatali. Ma non per lui. Qui parliamo di Scopper Gaban, l’incarnazione stessa della pirateria, il soffio salmastro beffardo che ha percorso ogni mappa e vissuto ogni mito.

Ne approfondiremo i dettagli al momento opportuno; ma, ne ho scritto subito perché una battuta fulminante del vecchio filibustiere, pronunciata in questo capitolo, ha infiammato ancora di più il suo mito ai miei occhi. Dopotutto, chi di noi non ha imparato ad amarlo? In lui convivono l’innocenza di un bambino che ride di cuore e la consapevolezza lucida di un uomo che conosce il prezzo della libertà interiore. Una leggenda.

Lasciatemelo dire, questo capitolo è un gioiello di riferimenti indiretti. Arricchiscono il sottotesto.
Abbiamo già visto Gaban ingaggiare Sommers, ma qui affiora un dettaglio cruciale. Il primo fendente gli ha reciso il braccio, eppure il cavaliere non è apparso terrorizzato, solo sorpreso. Quasi smarrito.
Subito dopo si è manifestata la sua perplessità per l’assenza di rigenerazione. Poi, d’un tratto, lo stupore nel riconoscere Scopper. È come se il pirata avesse intaccato la sua volontà con quell’attacco iniziale – forse solo distraendolo, forse qualcosa di più sottile – per danneggiarlo davvero con il secondo.

Quanto all’invulnerabilità, nessuna vera novità. Risulta evidente che — soprattutto parlando delle vecchie generazioni, guerrieri ormai anziani — Oda costruisce un ibrido calibrato con intelligenza. Meno muscoli, più tensione; meno enfasi sulla potenza, maggiore credibilità narrativa. Il primo attacco viene sferrato a distanza, cogliendo Sommers di sorpresa, e qui, in termini di haki poco importa. Il potere del frutto non ha bisogno di riconoscere un bersaglio per essere neutralizzato.
L’unico elemento incontestabile resta appunto l’haki. Ogni volta che il pirata colpisce, la lama dell’ascia si tinge di nero; ogni singolo fendente (attenzione, rivolto all’avversario, mai durante la difesa dai rovi) è accompagnato dal fulmine inconfondibile dell’ambizione. Si tratta di un’applicazione mirata, consapevole, non di un riflesso istintivo, è una tecnica specifica. Inoltre, nonostante venga smembrato, Sommers continua a vivere, ma sanguina copiosamente in corrispondenza di ogni ferita inflitta.
È questo dettaglio a gettare nuova luce sulle parole che sto per riportare.
La vera meraviglia del duello risiede nei dialoghi. Quando Gaban afferma “sono arrugginito”, quelle due parole, semplici e asciutte, rivelano l’intera statura del personaggio.
Perché implicano che in altri tempi lo avrebbe abbattuto all’istante. Nondimeno è nella scena successiva che si compie la svolta, quando si rende conto che ci sono dei bambini in pericolo, non esita, non analizza, non riflette. Agisce.
E lo fa secondo una logica etica primitiva, binaria. I cavalieri vanno abbattuti o resi inoffensivi.


Si intrecciano quindi due linee di dialogo, quella tra i Mugiwara presenti e quella tra i due contendenti. Ma è in forma speculare che offrono una prospettiva definitiva:

  • Sommers ha paura. Non c’è più spazio per sarcasmo, posture tronfie o quei grotteschi balletti da non-morto alla Thriller di Michael Jackson, con cui si ricomponeva dopo gli attacchi di Robin. È un piacere sinistro osservarlo arrancare, piroettando maldestramente neanche fosse Elsa in Frozen, mentre tenta invano di sottrarsi agli affondi chirurgici di Scopper.
  • La ciurma, grazie alla memoria storica di Jinbe, comprende all’istante chi ha davanti: uno degli ultimi a dominare l’epoca precedente. Il braccio sinistro del Re dei Pirati. Forte quanto Rayleigh. Ma i bambini sono in pericolo, dunque tempus fugit. Ergo la reazione generale non può che rievocare quella avuta all’arcipelago Sabaody, quando si trovarono di fronte proprio Silvers. Un déjà-vu carico di vertigine, è stato divertente.
  • Dopodiché il Cavaliere di Dio stesso sancisce il punto, stravolto, boccheggiante: «Ugh!! Haa… “Divora-Montagne”… coff… perché diavolo sei a Elbaph?!». Magnifico. Complimenti Shepherd, è facile ridicolizzare la Marina per aver perso Saul, ma ben più imbarazzante è non comprendere che un individuo di simile statura potesse trovar rifugio proprio là dove il Governo Mondiale non osava mettere piede. Amico di coloro che temevate sfidare. Eh già, ora le vostre probabilità sono crollate, perché vi siete ritrovati con una variabile fuori scala.
  • E qui Oda, come sempre, accentua la leggenda con un dettaglio. L’appellativo usato dal Cavaliere, ossia Divora-Montagne. Un nome che, personalmente, credevo appartenesse solo alla cultura orale di Elbaph. I giganti, si sa, non comunicano con le altre isole; Harald stesso sognava di aprire il Warland al mondo. Le notizie giungono sporadiche, brandelli raccolti dai gabbiani dei Coo-News.
    Il che implica una verità che mi ha mandato in sollucchero: Scopper è noto in tutto il mondo con quel nome. Proprio come Rayleigh è il Re Oscuro.
    Oda riesce ancora a infondere nella sua opera la poesia piratesca degli esordi?
    Eccome se ci riesce.

Lo scontro serve a introdurre il contesto emotivo; dal momento in cui parte il rapimento, la narrazione è diventata la classica corsa contro il tempo tanto cara al sensei. Nessun subplot, nessuna digressione. Una struttura rigida che trova nell’escalation la propria forza ritmica.
Gaban inizia a correre da suo figlio.

A proposito! Vista la mole di spunti, connessioni e ipotesi, vi ricordo che questa sera ci vediamo in Fatal! Con il consueto doppiaggio live del capitolo, adattato direttamente dal giapponese, le nostre teorie, le VOSTRE deduzioni, e una quantità gargantuesca di umorismo in puro stile Bike.
Ci vediamo più tardi!

https://twitch.tv/segnali_di_fumetto

Prima di procedere è utile aprire due parentesi su Chopper e Killingham, in quanto sono tutt’uno con la regia del capitolo.

Iniziamo dal nostro esule di Drum preferito — amatissimo (in primis dal sottoscritto), eppure fonte perenne di frustrazione. Ci sono personaggi che si amano senza sapere perché. E altri che si capiscono tramite la loro evoluzione. La nostra renna vive tra questi due estremi. Me l’avete chiesto sia pubblicamente che in privato, e io mantengo le promesse. Con affetto: ve la siete cercata.
Dunque, ci sono due lenti attraverso cui il falso tanuki diventa croce e delizia.

A) Sul piano narrativo, abbiamo a che fare con un bambino. Un bambino che, per di più, è un medico. Attenzione: nessun pietismo, solo coerenza. Prendiamo un riferimento pertinente, ricordate Kenzo Tenma in Monster? Il parallelo è lo stesso. Per Chopper, combattere – figurarsi uccidere – significa smentire il proprio sistema etico, tradire la missione che si è imposto: salvare vite. Il nodo è tutto qui. Perché quella di Urasawa è una storia seinen, mentre questa è un battle shonen. Alla lunga il suo pacifismo risulta forzato, un po’ indigesto? Si. Ma, appunto, coerente: il medico combatte quando qualcuno è in pericolo, quando perde il controllo, quando l’urgenza travolge l’etica. Non è questo il caso. Perfino Jinbe (il più potente in questo gruppo) si trattiene per analizzare il trucco dietro l’apparente invulnerabilità.
Chopper sta facendo lo stesso. Niente di più, niente di meno.

B) Se poi vogliamo spostarci sul terreno della coerenza iconica, la questione si complica. Difficile infatti ignorare la metamorfosi estetica a cui è stato sottoposto nel tempo. Lo sappiamo tutti, è uno dei personaggi più spinti dal merchandise. Ma questo non toglie nulla alla qualità della sua backstory, che resta toccante, intensa, superba. Il problema è che, saga dopo saga, il suo design viene reso sempre più tenero, minuto, infantilizzato. E sì, dà fastidio. Ma si tratta di una decisione di marketing. Infatti, se potesse parlare come Jessica Rabbit, Chopper probabilmente direbbe qualcosa del genere:
“Non sono solamente coccoloso… mi disegnano così.”
E credetemi, avrebbe perfettamente ragione.

Ora, invece, parliamo di personaggi si crogiolano nella perversione del potere, nell’annientamento del prossimo. Il male ha qui una patina aristocratica, estetizzante, che ne amplifica l’orrore. E sarà il contraltare perfetto quando parleremo di Gunko.
Si, passiamo a Kirigham-boy.
Come anticipavo settimane fa, avvertivo inconsciamente un mio particolare disgusto verso di lui, sensazione amplificata da questo capitolo, sia dalla rivelazione di Gunko, che… dal suo abominevole dialogo con Ange in lacrime.
Tracciamo un profilo psicologico insieme, cosa vorrà comunicarci Oda?

Il primo input è il modo di porsi verso la professoressa, rispecchia la complessità delle relazioni tra padroni e servitori, offre uno sguardo corrosivo sulla natura del potere e della malvagità incarnata dall’aristocrazia di Mary Geoise. Quel che mi colpisce è il suo tipo di crudeltà, mai urlata, ma sussurrata nelle pieghe di un comportamento che sembra naturale, persino confidenziale. E’ una riflessione sul “male ordinario” che si annida nelle abitudini, nelle convenzioni e nella distanza gelida con cui i potenti trattano chi li serve.

Avete mai letto qualcosa di Jane Austen? Vi invito a farlo, perché il comportamento di Killingham si inserisce in una tradizione di critica sociale diffusa in passato, ma con un filtro contemporaneo che evidenzia come le disuguaglianze di classe si traducano in microabusi quotidiani.
Leggiamo la loro interazione:

Killingham: Ottimo lavoro…!! È così che si fa. Capire cosa si può fare… è più che sufficiente…!! A quell’altro ci penso io.
Anje: Ah…!!
Killingham: Wahahaha!! Brucia che è una meraviglia!!

Capito cosa trovo abominevole? L’ha costretta a distruggere ciò che più amava. Con le sue mani.
Non per necessità, ma per gusto. Poi, in un gesto che chiama magnanimità, ha continuato lui. Imperdonabile.
Il tema centrale è il godimento implicito dei padroni nel mantenere un ordine sociale che produce dolore e umiliazione. Non si tratta di crudeltà visibile o spettacolare, ma di una sopraffazione elegante, esercitata con distacco, quasi con indifferenza, che rende ancora più insopportabile la sofferenza dei vessati.
Questa dinamica evidenzia la ferocia di un potere che non deve alzare la voce per essere temuto.
Dio benedica Kuma, Clover e vecchi cuori come Gaban.
Procediamo, prima che tra questo e il trattamento riservato ai bambini, inizi a ribollirmi il sangue.

Anzi, facciamoci due risate, brucia pure Killingham, tanto il sapere di Ohara è ormai cloud-based, tutto nei server del Punk Records! Ahhh, catartico. Mi sento meglio, ergo procediamo.

Con il vostro consenso, mi accingo a costruire un monumento narrativo a Gaban. E non temete, ci sono tante di quelle informazioni da far vibrare i vostri sensi di ragno.
Partendo da un presupposto di trama, la sua presenza serve ora come in conclusione di saga, era il navigatore, chi altri dovrebbe sapere dove si trova la Oro Jackson, a bordo della quale c’era un certo uovo, senza poi parlare del RP o del ‘tesoro’ che fu la contesa con i Rocks, il suo intervento improvviso spezza l’inerzia della battaglia e rilancia la narrazione sul filo della memoria, ponendo il suo passato al servizio di un futuro ancora tutto da scrivere.

Gaban non è mai stato approfondito nella saga classica. Per ovvie ragioni: non si anticipano parti determinanti della trama. Ma nei recenti capitoli, Oda rimedia con straordinaria efficacia. Gli concede profondità senza retorica, rendendolo parte del disegno collettivo. Il ritorno del pirata assume un valore simbolico nell’economia storica del mondo di One Piece. Se Rayleigh era già stato messo in scena come l’ombra gloriosa del passato, Gaban è il custode dimenticato della fiaccola. Il suo ritorno a Elbaph, patria della memoria e della forza ancestrale, non è casuale: si fa ponte tra l’antica era di Roger e la nuova generazione rappresentata dalle Supernova.

La cultura, la storia, la libertà, sono in pericolo?
Beh, Gaban diventa baluardo, incarnazione vivente di quella “Volontà della D” verso cui la narrazione sta iniziando finalmente a gravitare.

La cultura, la storia, i bambini…!! Anche le nostre forza militari!! Voi non avete alcun diritto di portarci via tutto questo!!

Lo scontro con Gunko è di tutt’altro livello rispetto a quello con Sommers.
Purtroppo Kron si tradisce da solo, dando un netto vantaggio alla guerriera, dai qui il semplice eppure incisivo titolo del capitolo:

(È adesso o mai più!! Posso ancora spegnere le fiamme… salvare i bambini… e forse anche Elbaph…!! Se riesco a finirla in un colpo solo!!) Koron!! Dammi un secondo!! Resisti!! Sei un bambino forte!!!

Gaban è uno dei guerrieri più potenti.
Gunko? Una macchina da guerra.
Ma lui lo sa: è arrugginito, non è riuscito a fermare Shepherd in un colpo solo. Lo ammetto, era da tempo che non percepivo una simile densità di tensione. Qui la punteggiatura diventa respiro. Il breve inciso – “Posso ancora spegnere le fiamme… e salvare i bambini… e forse anche Elbaph” – segna tre battiti irregolari, scanditi come ticchettii d’orologio. Eppure, ero convinto che potesse sovrastarla.
O almeno lo ero… finché Gunko non ha detto:

Una vita persa non torna più, sai?

Ho sentito i brividi lungo la schiena. In pratica, è stata lei a spingerlo a usare la tonalità della percezione.
Lo ha costretto a farlo mostrandogli che sarebbe andata fino in fondo, che lui non avrebbe avuto il tempo di reagire, e che l’unica opzione rimasta era arrendersi. Subito.
Chi legge One Piece da tempo, immagino stia pensando: “Magari stava solo bluffando.” Ed è un’ipotesi ragionevole. Ma non quando si parla di Gunko. Visto che sa perfettamente chi ha davanti. Non prova il minimo timore, anzi: gioca al gatto col topo.

Un uomo della ciurma del Re dei Pirati…?! Lo sai, vero, che resistere significa far morire gli ostaggi?

Ecco la chiave. Gunko conosce la caratura del suo avversario. È consapevole della potenza del suo Haki, eppure non arretra di un passo. Per questo ho sentito quel brivido.
E nel paragrafo dedicato a lei – lo vedremo – questa scena sarà centrale, visto che lì inizia il suo ritorno di coscienza.

Ad ogni modo, come dicevo in apertura, dubito che un simile osso duro esca di scena tanto banalmente. Parliamo di Gaban-boy. Una delle figure mitiche della vecchia era: un Perseo con l’ascia al posto della spada, che ha attraversato i mari infestati dal governo come Gorgoni moderne, alla ricerca della verità perduta. O, parlando in tono più affettivo…
Era da tanto che volevo scrivere di questo personaggio, e oggi ho una motivazione in più.

Pensate a Dragon, a Big Mom, Judge, Morgan Mano D’Ascia, Yasopp, Diez Barrels, Kaido e… il mio preferito: Homing.
Gaban definisce Kron il suo tesoro più prezioso.
E se è vero, come scriveva Pavese, che “un uomo si misura con ciò che protegge”, allora Scopper non è solo una leggenda: ma una frontiera morale, un pirata con la mappa del cuore intatta, e soprattuto un bravo padre. Certo, anche un eroe, sì.
Ma un eroe che sa cambiare i pannolini e accendere il fuoco… prima che si avvicini il buio.

Il Leviatano

Dies irae, dies illa; solvet sæclum in favilla
– Wolfgang Amadeus Mozart, Requiem in D minor, K. 626

Senza mezzi termini, stiamo vivendo un momento storico in One Piece.

Oda orchestra una narrazione spiazzante, capace di lacerare il consueto tessuto seriale con slanci iperbolici che riscrivono le regole stesse del racconto. Rifletteteci un istante: a Egghead, l’arrivo di Saturn ha subito catalizzato l’interesse di lettori e personaggi. Imu, consapevole del ritorno di Nika dopo novecento anni, decide di inviare sul campo uno dei suoi emissari più fidati: un membro dei Gorosei. Di per sé, già un evento senza precedenti. Eppure, inizialmente, la presenza della ciurma sull’isola era quasi secondaria. Solo in un secondo momento, appresa l’identità degli avversari, Saturn richiama gli altri Astri. Il bersaglio, ora, non è più il Mother Flame: ma un’antica minaccia da cancellare.

A Elbaph cambia tutto, questa volta il sensei fa scendere in campo Imu. Chi l’avrebbe mai immaginato?Mary Geoise è sotto attacco, servono urgentemente alleati di potenza smisurata. Ricordate le parole che Gunko rivolge a Nami? “In un modo o nell’altro, i giganti saranno l’ago della bilancia di questa guerra.” È una frase dal peso specifico enorme. E il significato che racchiude potrebbe cambiare l’intero assetto del conflitto.

Resta però un dato inconfutabile: l’assedio, pur fastidioso, non rappresentava una reale minaccia. Shamrock e Gunko erano stati inviati in via precauzionale; l’attacco vero e proprio è scaturito solo in un secondo momento. Ne abbiamo prova diretta, osservate…

Le reazioni dei due sono agli antipodi, come se Sommers stesse gestendo la mancanza di cibo, mentre Killingham avesse saputo dell’attacco, solo nel capitolo successivo abbiamo avuto conferma, infatti è il Kirin ad informare Shamrock che la sua presenza è richiesta immediatamente a Mary Geoise.

Killingham(Imu-sama!!!)

Imu (Telepatia): La Terra Santa ora… è un mare di fiamme. Ci serve una forza schiacciante.

Ecco il punto, un mare di fiamme, logico che tutta la community verta su due possibilità, Teach o i Rivoluzionari, chi altri avrebbe la forza e i mezzi necessari per farlo altrimenti, vediamo i possibili scenari:

A) Teach
Barbanera potrebbe puntare direttamente a Pluton, minacciando il Governo Mondiale e imponendo il riconoscimento ufficiale della sua isola come nazione sovrana. In caso di rifiuto, non è da escludere che scelga di distruggere Mary Geoise, dimostrando così la portata del suo potere e minando l’autorità dell’ordine costituito. D’altronde, non è forse il suo pensiero figlio diretto dell’ideologia di Xebec?

Un legame del genere spiegherebbe perfettamente le sue ambizioni: non semplicemente conquistare, ma sovvertire l’architettura del mondo per instaurare un nuovo regime sotto il proprio controllo. L’abbiamo visto piangere sia da bambino sia al reclutamento di Newgate, ha qualche tipo di trauma pregresso. In questo quadro, la presenza di Lafitte a Mary Geoise potrebbe rivelarsi infiltrazione, o un tentativo di negoziazione segreta, oppure un piano a lungo termine per scardinare il potere dall’interno. Anche Caribou, con le sue conoscenze sulle Armi Ancestrali, rappresenta per Teach una risorsa cruciale: un mezzo per localizzare e ottenere quei poteri dimenticati, e alzare ulteriormente la posta in gioco. Certo, al momento non esistono prove concrete del suo coinvolgimento diretto nell’attacco alla capitale, ma le sue azioni passate parlano chiaro. Ambizione, opportunismo e spregiudicatezza fanno di lui un candidato ideale per orchestrare un simile assalto.

B) Armata Rivoluzionaria
L’espressione ‘mare di fiamme’ non può non richiamare il titolo ‘Imperatore fiammeggiante’ con cui ora viene insignito Sabo. L’obiettivo sarebbero i tesori immagazzinati nella capitale del Governo (ricordate la tragedia di Pepe, tassata fino all’autodistruzione?), insieme alla liberazione di tutti gli schiavi presenti. Mossa che riecheggerebbe le gesta eroiche di Fisher Tiger nel passato. Durante il Reverie, l’Armata Rivoluzionaria ha compiuto azioni significative a Mary Geoise, tra cui:
1 -La distruzione del simbolo dei Draghi Celesti, dichiarando apertamente guerra al Governo Mondiale.
2 – La liberazione di Bartholomew Kuma e di altri schiavi.
E ora La distruzione delle riserve alimentari della città, ponendo le basi per un assedio prolungato.
Quindi immaginiamo che Dragon (meglio ancora Sabo) stia conducendo un vero e proprio assedio, mirando non alle forze armate ma ai punti deboli strategici di Mary Geoise. Distruggendo gli ascensori per il trasporto in città, e intercettando le navi di approvvigionamento, l’Armata Rivoluzionaria isolerebbe la capitale, costringendo i Draghi a subire carestie interne e Panico politico. Senza rifornimenti, la legittimità del Governo Mondiale vacillerebbe, aprendo perfino spazio a sommosse interne.
Che stia cercando disperatamente di far uscire qualcuno allo scoperto?
Magari qualcuno che effettivamente ha reclamato il trono che tutti reputano vuoto?
Da qualunque prospettiva, l’attacco ha soprattutto uno scopo simbolico e propagandistico: mostrare al mondo intero che il Governo Mondiale non è invulnerabile. Se si presentasse Mary Geoise come il simbolo della tirannia, scatenando reazioni di nazioni e incoraggiando le popolazioni oppresse a sollevarsi.
Quindi, perché qui e perché adesso?
Sarebbe intelligente farlo… in merito gli eventi più recenti, ma con delle prove più concrete, il messaggio mondiale di Vegapunk verrebbe visto in maniera diversa, puntando il dito verso Mary Geoise.
Ecco perché qui e ora.
Tre i possibili approcci, il furto e la liberazione di massa, l’assedio logistico e l’azione propagandistica globale. Ognuna di queste strategie riflette le capacità e la filosofia dell’Armata Rivoluzionaria: colpire dove fa più male, sia materialmente che simbolicamente.

C) NEO MADS
Si, avete letto bene, seguite il ragionameto.
Judge e Caesar potrebbero davvero tornare in scena dopo la caduta di Vegapunk? L’idea mi affascina.
La parte più intrigante è questa: incarnano perfettamente due poli opposti morali, lo Yin e lo Yang. Qui entrano in gioco due fattori chiave, fondamentali per decifrare il loro possibile ruolo.

Judge, lo abbiamo visto, non è nuovo a dinamiche di alleanza. Aveva tentato una collaborazione con Lin Lin, contando sul suo appoggio per riconquistare con facilità il Mare Settentrionale. Un dettaglio tutt’altro che secondario: rivela quanto lo scienziato sia consapevole dei limiti militari del Germa.
Si aprirebbe uno spiraglio narrativo straordinario. Immaginate cosa accadrebbe se davvero entrassero in gioco i Neo MADS: parliamo di una svolta cruciale.
Non solo per l’equilibrio delle forze, ma per ciò che rappresentano simbolicamente.
La loro scelta — da che parte stare — potrebbe segnare un punto di non ritorno. Oscillano tra due estremi: vendicarsi del Governo che li ha incarcerati, premiando invece Vegapunk; oppure, trovare una forma di redenzione, ispirati dai gesti di Sanji nei confronti di suo padre e da quelli della ciurma nei confronti di Caesar.
Due vie, due ideologie, due possibilità di futuro.
La scienza impazzita che si piega all’oscurità di Teach, o la scienza ferita che sceglie di guarire combattendo al fianco della Rivoluzione.
Uno snodo che, se confermato, avrebbe una forza narrativa accecante.

Ora invece le luci si abbassano, e il sipario si apre sul potere di Imu, e il risveglio amaro di Gunko.

Sapete che cos’è un beholder?
Vi faccio un sunto.
Il termine “beholder”, in inglese, significa letteralmente “colui che guarda” oppure “osservatore”. Nel contesto di giochi di ruolo come Dungeons & Dragons, nella letteratura fantasy, nel cinema (come in Grosso guaio a Chinatown), è una delle creature più iconiche e pericolose, spesso simbolo del controllo mentale e dell’ossessione per il potere. Per natura, non servono volentieri nessuno: sono noti per la loro ossessione per la superiorità e il controllo, e spesso vedono anche i loro simili come minacce. Tuttavia, in rari casi narrativi o per esigenze di trama, possono essere vincolati magicamente, corrotti, o convinti (con grande sforzo) a fare da guardiani per un’entità più potente – ad esempio un arcimago, un lich, una divinità o un artefatto.

Ora ricolleghiamoci alla vignetta di cui vi parlavo, Killingham e Shepherd vengono evocati da Gunko senza alcun preavviso. E nel frattempo, Sommers si lamenta della caduta della linea telefonica — un dettaglio non casuale, che ci ricorda come oltre l’Abisso non esista possibilità di comunicazione.
Eppure, la divinità della Terra Santa sta osservando ogni cosa. È tutto sotto controllo. Gunko agisce come vettore della volontà di Imu. O, più precisamente, è la sua marionetta. Questo spiega la partenza insieme a Shamrock invece dell’intervento di un alto ufficiale, come il Cavaliere delle Spine. La ragazza stessa è un’estensione dell’entità divina, un satellite la cui coscienza è stata alterata per rispondere a scopi ben precisi. Ma proprio qui si apre un nodo critico.
Come ben sapete, le interpretazioni sul Secolo Vuoto sono molteplici. Nel mio precedente articolo ho esposto la mia idea: la perdita della memoria storica come evento pianificato in base alle generazioni, sistemico quindi. Un’altra teoria affascinante è quella della cancellazione totale della memoria collettiva.
E fin qui, tutto torna.

Esiste tuttavia un ganglio narrativo che stona. Una nota dissonante in un’orchestrazione altrimenti accurata. Ammettiamolo: se Imu fosse davvero in grado di manipolare chiunque come Gunko (e parliamo di una volontà temprata da guerriera, forgiata e ribattuta in acciaio) non ci troveremmo di fronte a una deriva troppo vicina allo Tsukuyomi Infinito di Madara?
Proprio non mi torna, si potevano evitare fin troppe cose, perché non applicare questo potere a chi ora assedia Mary Geoise? Farli voltare l’uno verso l’altro, disarmati e spaesati, chiedendosi: “Ma cosa ci facciamo qui?”. Perché non cancellare la memoria di Clover, evitando così l’intero disastro di Ohara, un evento che ha avuto risonanza planetaria? Perché non resettare Teach e Luffy, invece di disperarsi nel tentativo di controllarli e inseguirli? Perché non assoggettare Re Cobra, per estorcergli informazioni su Lily, o intervenire prima che Newgate confermasse in mondovisione l’esistenza del One Piece?

Definitiva: perché non zittire Gol D. Roger sul patibolo, nel momento esatto in cui lancia il suo invito all’era della pirateria? O, rapido e indolore, successivamente non far semplicemente dimenticare a tutti quelle parole?

Oda struttura con cura certosina punti ciechi narrativi. Ed è proprio in quegli interstizi che noi siamo chiamati a muoverci — con intuito e senso delle proporzioni. Le domande che ho sollevato sono ineludibili, come lo è il fatto che Imu abbia reciso una porzione significativa della memoria di Gunko, sostituendola a piacimento con una versione fabbricata a misura del proprio disegno. Punti ciechi, mes amis — sono proprio questi a rendere fertile il terreno dell’interpretazione.

E così si giunge infine alla ragazza. La cui scena possiede un’aura sospesa, un fascino che sfiora il soprannaturale. È una scena intrisa di un dolore sottile, che richiama un altro evento accaduto in passato

Questo spiega la fitta improvvisa provata da Gunko nel colpire Brook. E, personalmente, richiama alla mente un’immagine precisa: la crocifissione di Doflamingo. Urge approfondire.
Brook nel flashback è un alto comandante di un regno dimenticato, celato opportunamente all’interno della storia perduta. Ora, ipotizziamo che la ragazza avesse circa cinque anni all’epoca, oggi ne dovrebbe avere intorno ai cinquantacinque. Troppa libertà cronologica? Proviamo a sintetizzare:

A) Al sensei, francamente, non interessa rispettare pedissequamente i limiti d’età. Se ci lamentassimo di questo, dovremmo iniziare da Stussy, da Shakky. Che piaccia o meno, la coerenza anagrafica non è la sua priorità narrativa.
B) Nel caso di Gunko però emerge però qualcosa di più profondo: un legame simbiotico con Imu. Se fosse davvero un vincolo tipo famiglio-strega, allora la manipolazione del ciclo vitale — l’estensione o la dissoluzione — sarebbe nel dominio assoluto della divinità. Può donare anni, come con Saturn. Può negare la vecchiaia, ma non a tutti: è per questo che da settimane insisto sul fatto che Garling invecchiava visibilmente.
I Cavalieri sono invulnerabili.
Anche i Gorosei, ma aggiungiamo immortali.
Gunko è uno strumento, manipolato e manipolabile.

E ora il piatto forte, vi ricordate che due settimane fa la definii un’orfana, ma che non sapessi spiegare la mia sensazione? Vi riporto il punto nodale:

Il nome della ragazza crea in me una suggestione precisa: più che nobile o divina, sembra evocare l’immagine di una bambina ‘forgiata’ o ‘addestrata’ per l’offensiva.
Non ha la solennità degli altri Cavalieri di Dio (come abbiamo appena visto), che portano con sé immagini di culto, autorità e leggenda.
Gunko‘, al netto del fatto che il sensei si è ben guardato dal rivelarne il cognome, appare invece spoglio, brutale: non evoca origini illustri né suggestioni mistiche, ma piuttosto un’infanzia segnata dal conflitto. Una nota stonata – forse voluta – rispetto al rango che le è stato attribuito. Mentre i commilitoni sembrano figli di tradizioni altolocate, lei reca addosso un’etichetta precisa: e qui, concedetemi una digressione personale, mi piace immaginare sia un’orfana strappata al nulla e forgiata come strumento del Governo.
– Analisi capitolo 1147

Guardate come è vestita, nel momento in cui grida padre!, osservate le spalle: quegli spallacci ricordano un’uniforme. Come un soldato, combatteva per qualcosa — scommettiamo fosse Mary Geoise?

La mia ipotesi?
Le purificazioni dei nativi, i giochi alla God Valley, hanno cadenza triennale, e in cosa consistono, esattamente?

Si tratta di una vera e propria operazione di epurazione. La popolazione che rifiuta di affiliarsi al governo viene punita con crudeltà, mentre vengono trascinati in questo abisso anche quelli considerati “indesiderabili” dal regime: criminali come Ivankov, figure come Buccaneer, e persino esseri da sempre emarginati come gli uomini-pesce.

Quello che si nasconde dietro non è soltanto la repressione di chi non si affilia al governo, ma la volontà di sterminare chiunque rappresenti una minaccia potenziale per l’élite di Mary Geoise. Ogni tre anni si consuma un genocidio, letteralmente. La politica del governo è chiara: eliminare ogni forma di resistenza, purificando la società da chiunque possa minacciare il suo ordine.
– Analisi capitolo 1148

Fa venire i brividi, vero?
Quando Gunko urla “padre!”, è in assetto da combattimento, sta affrontando uno scontro o subendo una punizione. In perfetto stile Terra Santa. Basta osservare l’espressione del volto e collegarla al tono disperato: ciò che stanno infliggendo al genitore non dev’essere qualcosa di tollerabile. Potrebbero averlo ucciso proprio in quell’istante. Ecco cosa intuivo settimane fa, vecchi cuori.
La “bambina della guerra” è, con ogni probabilità (nessuno ha certezze in tasca), un’orfana. Il suo regno potrebbe essere stato annientato durante una delle tante epurazioni dei nativi. Ecco perché nessuno conosce davvero lo Stato da cui proviene Brook: forse è stato cancellato, come accadde a God Valley.
Da qui nasce la mia ipotesi.
Si presenta con grazia, come se bussasse. Poi sfonda la porta senza tanti complimenti.

Abbiamo visto quanto Gunko rimanga turbata dalle urla di Kron, che chiama ossessivamente il padre. Cos’altro potrebbe esserci di più lacerante, se non il dover rivivere un dolore già inciso nella memoria? Quando la mente e la coscienza entrano in corto circuito emotivo, la ragazza realizza che sta subendo due punizioni: la distruzione della sua famiglia, e l’essere usata per fare lo stesso ad altri innocenti.
Gunko rivive il trauma originario. Ecco perché lo shock la risveglia.

Con ferocia inaudita, questo frangente ci pone di fronte a un vero e proprio nodo gordiano. Sulla malvagità di Imu non c’è discussione. Eppure è fondamentale ricordare che ci viene presentato/a appositamente in questa veste: un’entità primigenia, quasi mitologica, come se fosse colui o colei che colse la mela nell’Eden. L’origine stessa del peccato.
È una costruzione narrativa deliberata — forse ingannevole. Per quanto sia difficile da accettare, risulta plausibile che novecento anni fa, Imu non fosse carnefice ma vittima. E che un’altra figura, ancora celata, sia stata la vera mente oscura dietro i peccati fondativi del mondo.
D’altronde, avremmo seguito per tanti anni One Piece, senza il mistero?

Come sempre, vi lascio il link al video del Re: un ragionamento affilato, sospeso sul crinale del what if… ma capace di offrire risposte, non solo ipotesi. Con la consueta ironia, intreccia il ruolo attuale (e futuro) di Teach con una riflessione sorprendente sulla backstory che Brook meriterebbe. Un must.
A voi!

E se foste interessati ad altre analisi su altri 
manga, vi invito a visitare il mio canale…

https://www.youtube.com/@Cenere_SG

Un mercoledì da pirati

Spero di avervi intrattenuti, spinti a ragionare e riflettere.

Con le sue atmosfere claustrofobiche, Elbaph costruisce un labirinto storico che non è solo palcoscenico, ma un’entità viva, capace di trasmettere ansia. Un intreccio di mitologia e caratteri vivi, sospesi tra leggenda e realtà.
Due figure spiccano in particolare.

Imu, una delle presenze più enigmatiche e iconiche mai apparse. La sua verità è una creatura vivente, deformata dalla paura e dal grottesco, dove il confine tra giustizia e follia si assottiglia fino a dissolversi.

Poi c’è Yā-san. Da semplice ricordo sbiadito, si fa spina dorsale della pirateria: un personaggio di frontiera, sospeso tra eroismo e anticonformismo. Di fronte a lui, l’ossessione di Imu riflette il dramma della maschera che cela ferite mai rimarginate, perfetta figura shakespeariana di ambizione e decadenza.
Per bilanciare, il pirata incarna il rifiuto fatto di astuzia caustica, carisma disordinato e un’inquietudine sottile che lo rende al tempo stesso magnetico e folle.
Gaban è il fantasma del Natale passato che ride, un eroe mascherato da buffone, destinato a navigare per sempre tra le onde della leggenda.

Godiamoci il viaggio, genti

Beh, puoi lanciare la tua pietra e nascondere la tua mano
, lavorando nell’oscurità contro il tuo prossimo,
ma è vero che Dio ha fatto il bianco e il nero,
ciò che è nascosto nell’oscurità verrà portato alla luce

– Johnny Cash,  Dio ti taglierà giù.

Cenere